Santi del 24 Agosto
*Andrea Fardeau *Antonio de Blanes *Audoeno *Bartolomeo *Calepoida *5 giovani Oratoriasni di Poznan *Czeslaw Jozwiak *Edoardo Kazmierski *Edoardo Klinik *Emilia de Vialar *Felice Gonzalez Tejedor *Francesco Kesi *Giorgio il Limniota *Giovanna Antida Thouret *Jarogniew Wojciechowski *Maria Encarnaciòn Rosal *Maria Michela del SS. Sacramento *Massimiliano Binkiewicz *Miroslav Bulesic *Taziano di Claudiopoli *Veronica Antal *Altri Santi del giorno *
*Beato Andrea Fardeau - Martire (24 Agosto)
Martirologio Romano: Ad Angers in Francia, Beato Andrea Fardeau, sacerdote e martire, ghigliottinato in odio al suo sacerdozio durante la rivoluzione francese.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Andrea Fardeau, pregate per noi.
*Beato Antonio de Blanes – Mercedario (24 Agosto)
+ 1415
Il Beato Antonio de Blanes, redentore in Africa, di ammirevole ed infaticabile zelo, liberò 208 schiavi dalla prigionia dei mussulmani in pericolo di rinnegare la fede.
Morì nella pace del Signore con tanti meriti nell'anno 1415.
L'Ordine lo festeggia il 24 agosto.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Antonio de Blanes, pregate per noi.
*Sant'Audoeno - Vescovo di Rouen (24 Agosto)
Soissons, 600 ca. - Clichy (Parigi), 24 agosto 684
Martirologio Romano: A Clichy nel territorio di Parigi, transito di sant’Audoeno, vescovo di Rouen, che, da cancelliere del re Dagoberto fu ordinato all’episcopato e resse felicemente per quarantatrè anni la sua Chiesa, fondando molte chiese e favorendo la costruzione di monasteri.
E' un Santo francese e in quella lingua si pronuncia San Ouen; in latino si chiama Audœni, e per questo il dittongo fa in modo che venga chiamato anche Audeno. Chiarito questo, passiamo a dire che Sant'Audoeno detto anche Dadone, nacque intorno al 600 nei pressi di Soissons da una nobile famiglia, ricevé una pia educazione cristiana e da fanciullo ricevé la benedizione del grande abate San Colombano (543-615), ospite dei suoi genitori.
Ancora giovane fu ammesso alla corte di Clotario II (584-629) re dei Franchi, qui si legò in amicizia ai futuri vescovi e santi, Eligio, Sulpizio, Desiderio ed altri. Dopo la morte di re Clotario II, proseguì la sua vita a corte con il successore, Dagoberto I (600-638) figlio di Clotario, crescendo ancor più nella considerazione e influenza.
Nel 636, Audoeno fondò un monastero a Rebais, richiedendo dei monaci per popolarlo, alla grande abbazia di Luxeuil, fondata nel 590 da s. Colombano e successivamente soggetta alla regola benedettina, con l’approvazione del vescovo di Meaux e del re Dagoberto I.
Fu tale la sua fama di santità, che a 40 anni, nel 640 benché ancora un laico, venne eletto vescovo di Rouen. Dopo aver trascorso un anno, nell’approfondimento dello studio della dottrina, fu consacrato 24° vescovo della diocesi, il 13 maggio 641.
Partecipò al Concilio di Châlon-sur-Saône (647-649), consacrò le chiese delle abbazie di Fontanelle e di Jumièges, protesse e favorì l’espandersi della vita monastica nella sua diocesi, aiutato anche dai suoi vecchi amici di corte, San Wandrillo e San Filiberto, fondatori ciascuno delle due abbazie, nell’ordine sopra citate.
Combatté strenuamente contro la simonia che affliggeva il clero locale. Divenne uno dei consiglieri più ascoltati di santa Batilde, madre di Clodoveo II re di Neustria e dei Franchi, morto prematuramente a 18 anni (638-656), la quale divenne reggente del regno, finché non fu costretta a ritirarsi nell’abbazia di Chelles († 30-1-680).
Nel 676 compì un pellegrinaggio a Roma, un’impresa per quell’epoca; al ritorno da una difficile missione diplomatica svolta presso Pipino II d’Héristal († 714), fondatore della dinastia dei Carolingi, il 24 agosto del 684, morì a Clichy (Parigi) nel luogo che oggi porta il suo nome.
Governò la diocesi di Rouen per 43 anni, un primato per quei tempi; venne sepolto nel monastero di San Pietro a Rouen, chiamato poi Saint-Ouen. La sua festa religiosa è al 24 agosto.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Audoeno, pregate per noi.
*San Bartolomeo - Apostolo (24 Agosto)
Primo secolo dell’èra cristiana
Apostolo martire nato nel I secolo a Cana, Galilea; morì verso la metà del I secolo probabilmente in Siria.
La passione dell'apostolo Bartolomeo contiene molte incertezze: la storia della vita, delle opere e del martirio del santo è inframmezzata da numerosi eventi leggendari.
Il vero nome dell'apostolo è Natanaele. Il nome Bartolomeo deriva probabilmente dall'aramaico «bar», figlio e «talmai», agricoltore.
Bartolomeo giunse a Cristo tramite l'apostolo Filippo.
Dopo la resurrezione di Cristo, Bartolomeo fu predicatore itinerante (in Armenia, India e Mesopotamia). Divenne famoso per la sua facoltà di guarire i malati e gli ossessi. Bartolomeo fu condannato alla morte Persiana: fu scorticato vivo e poi crocefisso dai pagani.
La calotta cranica del martire Bartolomeo si trova dal 1238 nel duomo di San Bartolomeo, a Francoforte.
Una delle usanze più note legate alla festa di San Bartolomeo é il pellegrinaggio di Alm: la domenica prima o dopo San Bartolomeo, gli abitanti della località austriaca di Alm si recano in pellegrinaggio a St. Bartholoma, sul Konigssee, nel Berchtesgaden. I primi pellegrinaggi risalgono al XV secolo e sono legati allo scioglimento di un voto perché cessasse un'epidemia di peste. (Avvenire)
Patronato: Diocesi Campobasso-Boiano
Etimologia: Bartolomeo = figlio del valoroso, dall'aramaico
Emblema: Coltello
Martirologio Romano: Festa di San Bartolomeo Apostolo, comunemente identificato con Natanaele. Nato a Cana di Galilea, fu condotto da Filippo a Cristo Gesù presso il Giordano e il Signore lo chiamò poi a seguirlo, aggregandolo ai Dodici. Dopo l’Ascensione del Signore si tramanda che abbia predicato il Vangelo del Signore in India, dove sarebbe stato coronato dal martirio.
Non è di quelli che accorrono appena chiamati, anche se poi sarà capace di donarsi totalmente a una causa; ha le sue idee, le sue diffidenze e i suoi pregiudizi.
I vangeli sinottici lo chiamano Bartolomeo, e in quello di Giovanni è indicato come Natanaele.
Due nomi comunemente intesi il primo come patronimico (BarTalmai, figlio di Talmai, del valoroso) e il secondo come nome personale, col significato di “dono di Dio”.
Da Giovanni conosciamo la storia della sua adesione a Gesù, che non è immediata come altre.
Di Gesù gli parla con entusiasmo Filippo, suo compaesano di Betsaida: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazareth".
Basta questo nome – Nazareth – a rovinare tutto.
La risposta di Bartolomeo arriva inzuppata in un radicale pessimismo: "Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?".
L’uomo della Betsaida imprenditoriale, col suo “mare di Galilea” e le aziende della pesca, davvero non spera nulla da quel paese di montanari rissosi.
Ma Filippo replica ai suoi pregiudizi col breve invito a conoscere prima di sentenziare: "Vieni e vedi".
Ed ecco che si vedono: Gesù e Natanaele Bartolomeo, che si sente dire: "Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità". Spiazzato da questa fiducia, lui sa soltanto chiedere a Gesù come fa a conoscerlo.
E la risposta ("Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico") produce una sua inattesa e debordante manifestazione di fede: "Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!".
Quest’uomo diffidente è in realtà pronto all’adesione più entusiastica, tanto che Gesù comincia un po’ a orientarlo: "Perché ti ho detto che ti ho visto sotto il fico credi?
Vedrai cose maggiori di questa".
Troviamo poi Bartolomeo scelto da Gesù con altri undici discepoli per farne i suoi inviati, gli Apostoli.
Poi gli Atti lo elencano a Gerusalemme con gli altri, "assidui e concordi nella preghiera".
E anche per Bartolomeo (come per Andrea, Tommaso, Matteo, Simone lo Zelota, Giuda Taddeo, Filippo e Mattia) dopo questa citazione cala il silenzio dei testi canonici.
Ne parlano le leggende, storicamente inattendibili.
Alcune lo dicono missionario in India e in Armenia, dove avrebbe convertito anche il re, subendo però un martirio tremendo: scuoiato vivo e decapitato.
Queste leggende erano anche un modo di spiegare l’espandersi del cristianesimo in luoghi remoti, per opera di sconosciuti.
A tante Chiese, poi, proclamarsi fondate da apostoli dava un’indubbia autorità.
La leggenda di San Bartolomeo è ricordata anche nel Giudizio Universale della Sistina: il Santo mostra la pelle di cui lo hanno “svestito” gli aguzzini, e nei lineamenti del viso, deformati dalla sofferenza, Michelangelo ha voluto darci il proprio autoritratto.
(Autore: Domenico Agasso – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Bartolomeo, pregate per noi.
*Santa Calepodia - Vergine e Martire (24 Agosto)
Della vita di Santa Calepodia, Vergine e Martire non si conosce quasi nulla.
A quanto risulta, l’unica località a venerare la santa è Canale Monterano, un paese di circa quattromila abitanti situato nella parte settentrionale dell’Area Metropolitana di Roma, che l’ha scelta come compatrona e dove è festeggiata ogni anno assieme al patrono san Bartolomeo Apostolo, il 24 agosto. Il suo culto ha origine ai primi del 1600, quando alla parrocchia fu donata una reliquia della Santa.
I suoi resti mortali si trovano in una piccola teca presso la chiesa di San Clemente a Centrale, una frazione di Zugliano, in provincia di Vicenza.
La sua agiografia non è giunta fino a noi. Probabilmente non è mai stata scritta ed è rimasta affidata alla sola narrazione orale che purtroppo si è impoverita nel tempo fino a dissolversi nei delicati passaggi da una generazione all’altra.
Recentemente una ricerca, condotta da uno storico locale, Francesco Stefani, con metodi scientifici senza indulgere a sentimentalismi e campanilismi, ne ha ricostruito la figura come riportato di seguito tenendo conto per i passaggi dubbi dell’ipotesi più accreditata, facendo naturalmente salvi futuri auspicabili miglioramenti e integrazioni.
Santa Calepodia era una giovane romana di famiglia aristocratica, colta e di sicuro avvenire. Nonostante i privilegi del suo stato sociale abbracciò molto giovane la dottrina egualitaria del Cristianesimo repressa duramente dall’autorità imperiale.
Illuminata dallo Spirito Santo che la fornì dei doni apostolici della sapienza, intelletto, consiglio, fortezza, scienza, pietà e timore di Dio, ella dedicò la sua breve vita a predicare il Vangelo ai fedeli e a diffondere la Buona Novella tra i pagani.
Per questi motivi fu arrestata e condotta davanti ai giudici. Rifiutò di abiurare e sostenne con forza la propria fede di fronte ai carnefici. Fu martoriata e messa a morte.
La sua salma fu posta nel cimitero di Priscilla sulla via Salaria, una delle più antiche e vaste catacombe della città eterna.
La sua tomba divenne luogo di venerazione al cospetto della quale i fedeli della comunità pregavano e celebravano la liturgia eucaristica.
Tuttavia, a differenza di tanti martiri noti, il culto della santa non superò i ristretti limiti locali in cui si era formato, non raggiunse le altre comunità dell’impero.
Per Calepodia non furono costruiti santuari e neanche annotato l’anniversario nel calendario ufficiale. La sua memoria, al pari di tanti altri martiri oscuri, cadde lentamente nell’oblio in parallelo con l’abbandono delle antiche catacombe.
Il suo sepolcro è stato riscoperto soltanto molti secoli dopo, alla fine del ‘500, quando gli operai pontifici resero nuovamente visitabile l’antica catacomba di Priscilla che era crollata in gran parte.
Sono stati allora ritrovati i resti mortali di Santa Calepodia identificati dalla lapide funeraria che conteneva, accanto al nome, i simboli cristiani, gli appellativi di vergine e martire e l’epitaffio che indicava la sua attività missionaria.
Prelevate dagli scavatori, queste sacre spoglie sono state concesse ai frati camaldolesi che le trasferirono nel loro convento di Rua delle Bregonze sulle colline vicentine.
Reliquie minori della santa sono state donate ad altre chiese, compresa la chiesetta del nuovo paese di Canale, a nord di Roma.
I canalesi accolsero con comprensibile soddisfazione il sacro cimelio che gratificava e caratterizzava la loro giovane comunità.
Essi elessero Santa Calepodia loro protettrice assieme all’apostolo San Bartolomeo.
Inizialmente, ne fissarono la festa nel giorno di Pentecoste per celebrare la sua coraggiosa attività missionaria e le dedicarono una graziosa statua lignea che rappresenta tuttora la sua unica immagine conosciuta. Successivamente la festa fu unificata con quella di San Bartolomeo.
(Autore: Francesco Stefani – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Calepodia, pregate per noi.
*Beati Cinque giovani Oratoriani di Poznan - Martire (24 Agosto)
Scheda del Gruppo a cui appartiene:
"Beati 108 Martiri Polacchi" - Senza data (Celebrazioni singole)
+ Dresda, Germania, 24 agosto 1942
Il 1° settembre 1939 Hitler invase la Polonia, dando inizio alla seconda guerra mondiale. La casa salesiana di Poznan in via Wroniecka venne occupata e trasformata in un magazzino dai soldati tedeschi. I giovani continuavano a riunirsi nei giardini fuori città e nei boschi vicini. Sorsero numerose associazioni segrete. Nel settembre 1940 Francesco Kesy e quattro compagni oratoriani furono arrestati con l’accusa di appartenere a un’organizzazione illegale. Furono portati nella temibile Fortezza VII presso la stessa Poznan, dove furono torturati e interrogati.
In seguito furono trasferiti in diverse altre carceri, dove non sempre ebbero la fortuna di stare insieme. Ricondotti a Poznan vennero processati e accusati di alto tradimento e condannati a morte. Furono martirizzati a Dresda il 24 agosto 1942.
Vissero la prigionia con spirito di fede e spiritualità salesiana. Pregavano continuamente: rosario, novene a don Bosco e a Maria Ausiliatrice, preghiera del mattino e della sera. Cercavano di stare in contatto con le proprie famiglie attraverso messaggi che spesso riuscivano a inviare segretamente.
Facevano loro coraggio, chiedevano e assicuravano preghiere. Quando potevano animavano gioiosamente le feste liturgiche passate in cella. La loro fede non vacillò mai. Furono testimoni credibili fino alla fine. Il decreto di martirio è stato pubblicato il 26 marzo 1999; beatificati il 12 giugno 1999 da Giovanni paolo II
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Dresda in Germania, Beati Ceslao Jóżwiak, Edoardo Kaźmierski, Francesco Kęsy, Edoardo Klinik e Iarognievo Wojciechowski, martiri, che, di origine polacca, gettati in carcere nello stesso periodo, patirono il martirio a colpi di scure.
Gli oratori hanno sempre occupato un ruolo privilegiato nelle attività salesiane. Anche a Poznan´ (Polonia), in Via Wroniecka presso la casa salesiana, l’educazione tipica di San Giovanni Bosco, fatta di cura paterna e di carità concreta verso i ragazzi, occupava un ruolo eccezionale. Erano gli anni dell’occupazione nazista. L’esercito tedesco entrò a Poznan´ l’11 settembre 1939. Ogni sera, quando avevano un po’ di tempo libero, come già facevano prima della guerra, i ragazzi si raccoglievano in una sala riunioni dell’oratorio salesiano.
Tra i più anziani del gruppo vi erano i cinque futuri martiri.
Czesław Józ´wiak nacque il 7 settembre 1919 a Łaz˙yn, vicino a Bydgoszcz. I genitori Leon e Maria si erano trasferiti a Poznan´ e abitavano vicino al centro. Ebbero quattro figli, due maschi e due femmine. Durante l’occupazione tedesca Czesław lavorava come imbianchino, mentre nell’anno scolastico 1938/39 frequentò il ginnasio.
Edward Kaz´mierski nacque il 1° ottobre 1919 a Poznan´. Suo padre Wincenty era calzolaio, la madre Władysława si occupava della casa. Edward aveva cinque sorelle. Quando finì la scuola elementare, suo zio gli propose di lavorare in un negozio che apparteneva a un ebreo, Jakub Abramowicz. Edward lavorò come garzone per un mese, poi, grazie all’aiuto di un Salesiano, Władysław Barton´, poté cominciare a lavorare in un’officina meccanica. Vi rimase anche durante la guerra.
Franciszek Ke˛sy nacque il 13 novembre 1920 a Berlino-Wilmersdorf. I suoi genitori, Stanisław e Anna, erano ritornati in Polonia nel 1921 e si erano stabiliti a Poznan´. Avevano cinque figli. Il padre era carpentiere e lavorava in una centrale elettrica della città. Franciszek aveva già espresso l’intenzione di entrare nel seminario salesiano di La˛d e si preparava come aspirante. Durante l’occupazione tedesca lavorava con Czesław Józ´wiak come impiegato.
Edward Klinik nacque il 21 luglio 1919 a Poznan´. Era figlio di Wojciech e di Anastazjia. Suo padre era meccanico. Edward aveva una sorella maggiore, Maria, che poi diventerà suora, e un fratello più giovane, Henryk. Nell’anno scolastico 1936/37 Edward concluse il ginnasio salesiano a Os´wie˛cim e nell’anno 1938/39 superò l’esame di maturità nel ginnasio di Berger a Poznan´. Durante l’occupazione tedesca lavorava in un’impresa edile.
Jarogniew Wojciechowski, il più giovane dei cinque, nacque il 5 novembre 1922 a Poznan´. Il padre Andrzej, che lavorava in una drogheria, si ubriacava e abbandonò la famiglia. Per questo Jarogniew fu costretto a lasciare il ginnasio. La sua unica sorella maggiore, Ludosława, doveva occuparsi della madre Franciszka e del fratello. Jarogniew frequentava la scuola comunale di commercio e lavorava come impiegato in una drogheria.
Questi giovani, sia dopo la scuola sia dopo il lavoro, passavano il loro tempo libero nell’oratorio salesiano, dove partecipavano attivamente alle diverse attività. La vita culturale che si svolgeva in quel luogo era una lezione di vita che formava i caratteri, sviluppava la sensibilità e il senso del buon umore. Il sorriso s’intrecciava con la preghiera, il gioco con la riflessione, e su tutto vegliava dal cielo San Giovanni Bosco. Le anime di questi giovani erano formate anche dal contatto personale con Dio. In quest’atmosfera crescevano, formando la loro fede e la loro personalità. Czesław Józ´wiak era presidente della Compagnia dell’Immacolata. Edward Kaz´mierski e Franciszek Ke˛sy, a turno, dirigevano come presidenti la Compagnia di San Giovanni Bosco: erano associazioni interne dell’oratorio secondo lo stile salesiano.
Erano tutti e cinque animatori dell’oratorio. Svolgevano sempre una parte attiva negli spettacoli teatrali, organizzati con grande intraprendenza. Edward Kaz´mierski era particolarmente appassionato di teatro e musica. Ha lasciato cinque grossi quaderni in cui aveva scritto un diario delle proprie occupazioni ed esperienze, dal 1° febbraio 1936 al 28 maggio 1939. Alla fine di ogni anno faceva l’elenco delle parti interpretate nelle scene teatrali in oratorio. La sua seconda grande passione era la musica. Gli piaceva andare all’opera, e aveva anche composto alcuni brani musicali. Secondo l’opinione dei suoi compagni era un grande musicista, tanto che lo avevano soprannominato: il Compositore. Faceva volentieri parte del coro con Edward Kaz´mierski e Edward Klinik. A Franciszek Ke˛sy piaceva particolarmente lo sport e lo praticava volentieri.
Durante la guerra la casa salesiana in Via Wroniecka fu occupata da parecchie decine di soldati tedeschi, i quali avevano trasformato l’intero edificio e la chiesa in magazzino militare. Tuttavia i giovani continuavano a riunirsi nei giardini fuori città. Si affacciava alla loro mente sempre più frequentemente anche il pensiero di aderire al movimento di resistenza, inserendosi in una delle numerose organizzazioni segrete che allora si stavano formando in Poznan´. Non si può dimostrare con certezza quanto i cinque ragazzi abbiano partecipato a questi movimenti, ma è noto solamente che nel settembre 1940 furono tutti arrestati, con l’accusa di appartenere a un’organizzazione illegale.
Edward Klinik fu arrestato prima dei suoi compagni, il 21 settembre 1940. Fu preso direttamente al lavoro, senza poter salutare nessuno. Scrisse alla madre, con un pezzo di matita, nel diario della prigione: "Di me puoi stare tranquilla, perché vado alla battaglia della vita con la fede forte. So che Colei alla cui protezione mi sono affidato, diventando un suo Cavaliere, vigila su di me e non mi abbandonerà mai". Dopo l’arresto di Edward, gli altri rimasero costernati; il padre di Czesław Józ´wiak consigliò loro di fuggire fuori città, ma i ragazzi decisero di non lasciare i loro cari. Nella notte del 23 settembre furono arrestati tutti.
Si ritrovarono così tutti e quattro nella "Casa del soldato" che, per il modo crudele in cui vi si svolgevano gli interrogatori, era chiamata "la Gestapo" di Poznan´. Dopo 24 ore d’interrogatorio vennero trasferiti alla Fortezza VII, dove probabilmente già si trovava Edward Klinik. La Fortezza VII aveva una fama ancor più fosca di quella della "Casa del soldato". Era stata costruita nel XIX secolo come fortezza difensiva della città, con un fossato e pesanti mura, e trasformata in un carcere all’interno del quale, in seguito alla fame, alle torture e alle esecuzioni, persero la vita migliaia di polacchi. I ragazzi vi arrivarono il 24 settembre. Furono sottoposti a controlli e privati di tutti i loro oggetti personali.
Nelle tasche dei quattro allievi salesiani i carcerieri trovarono poco. C’era, però, una cosa che suscitò le beffe e la rabbia dei loro carcerieri: corone del Rosario, dalle quali i giovani non si separavano mai. Finirono nel cestino, ma bastò un momento di distrazione delle guardie perché si ritrovassero nelle tasche dei loro possessori. Da quel momento li avrebbero accompagnati durante i lunghi mesi di sofferenze carcerarie e avrebbero sollevato il loro spirito nei momenti di prostrazione.
Le torture nella Fortezza VII erano una cosa normale, e anche i nostri giovani vi erano spesso sottoposti. Ne rende testimonianza un gryps (comunicazione scritta clandestina tra i prigionieri) di Jarogniew Wojciechowski alla famiglia, spedita con la biancheria per il bucato. Su un pezzo di carta, avvolto nel fazzoletto intriso di sangue, Jarogniew scrive che lo colpiscono fino a fargli perdere la coscienza, e implora preghiere. Anche nel diario di Edward Klinik troviamo una nota assai eloquente: "Lunedì, uno dei giorni più terribili della mia vita, che forse non dimenticherò mai". Quali sofferenze abbia sopportato quel giorno, solo Dio lo sa. Un grande merito nel tenere alto l’animo dei suoi compagni dell’oratorio lo ebbe Czesław Józ´wiak. Con pazienza spiegava loro il senso dei tormenti sofferti nella prigione. "Dovete capire – diceva – che le nostre sofferenze non sono vane. Non periscono. Gli uni combattono con le armi in mano per la libertà della Polonia, gli altri soffrono per essa. E l’una e l’altra cosa sono importanti. Ma la cosa più importante è l’essere fedeli a essa!".
Dopo un breve periodo vennero trasferiti in un’altra prigione a Poznan´, in cui la vita era più tranquilla, senza le torture e senza la continua paura, ma purtroppo sempre senza la libertà. Di giorno lavoravano e la sera, durante il riposo, si sentiva dalla loro cella la recita del Rosario e delle preghiere salesiane. Con ammirazione e incredulità, e persino con invidia, i compagni di disgrazia guardavano quei giovani ai quali era stato tolto tutto, eppure avevano tanta forza e fede, e tanta gioia interiore.
A volte dicevano loro: "Non vi rendete conto che cosa vi aspetta?". "Lo sa solamente Dio – rispondevano – e noi abbiamo fiducia in Lui. Qualunque cosa accada, sarà sempre la sua volontà". Davanti a tale risposta si poteva solamente tacere.
Il novembre 1940 fu segnato da un nuovo trasferimento a Wronki e dalla prigionia in isolamento, in celle separate. Questa fu una sofferenza ancora più dolorosa per questi giovani, abituati a sostenersi reciprocamente, ma fu anche un tempo di grazia. Edward Klinik annota nel suo diario le proprie "domande" al Signore: "O Signore, perché mi hai punito così fortemente? Ho veramente meritato questo? Perché hai messo sulle mie spalle una croce così pesante?".
Edward però non si accontenta di porre delle domande, ma cerca la risposta. "Figlio, non disperare – risponde Dio – e non cercare la consolazione dagli uomini, perché chi cerca la consolazione dagli uomini si allontana da me. Figliolo mio, guarda a me che, caricato di una pesante croce per amore tuo, camminavo verso il Golgota e non mi uscì dalla bocca neppure una parola di lamento, e tu già adesso ti lamenti? Rendimi soltanto amore per amore".
Edward Kaz´mierski addirittura parla di questo periodo come di un tempo di esercizi spirituali. "Proprio a Wronki sono giunto a un accordo con me stesso. Là mi sono conosciuto meglio e mi sono accorto che mi manca ancora molto per diventare un buon figlio di don Bosco, per piacere a Dio, per essere utile al prossimo e fare onore alla famiglia. Adesso credo che, quando conseguirò la libertà, Dio mi aiuterà, e così sarò in grado di adempiere le risoluzioni prese". Simili parole scrive Franciszek Ke˛sy: “A Wronki, poiché ero da solo nella cella della prigione, ho avuto tempo di esaminare a fondo me stesso [...] e ho promesso di vivere diversamente, come ci ha raccomandato don Bosco, di vivere per piacere al Signore e alla sua Madre, Maria Santissima".
A Wronki i nostri giovani vivono le feste di Natale tentando di cantare una canzone, ma viene bruscamente impedito loro dalle guardie. La Pasqua fu il tempo del loro trasferimento in una prigione della Germania, prima a Berlino e poi a Zwickau. Un altro anno di prigionia, pieno di speranze, ma anche pieno di fede. Il ritmo del lavoro viene spezzato dal ritmo della preghiera che sostiene il loro spirito. S’interessano tanto delle loro famiglie, come possiamo leggere nei famosi gryps mandati in vari modi a casa. Sono ragazzi come tutti gli altri, pieni di progetti.
Immaginano il semplice avvenire lavorando, vivendo in una piccola casetta con la famiglia che vogliono formare. "Noi, con Edward, sogniamo una casetta col giardino nelle vicinanze della città – leggiamo nel gryps di Franciszek Ke˛sy – ma quali progetti abbiamo? Ci diano solo la libertà, e poi basta rimboccarci sul serio le maniche per il lavoro".
Domandano a Dio buone condizioni di salute, e raccontano che la loro vita ora è abbastanza tranquilla, tanto che non li turba neanche l’avvicinarsi della tanto attesa data del processo. "Tra poco ci deve essere il nostro processo – scrive Edward Kaz´mierski in un gryps a sua sorella – ma io non ci credo del tutto, perché ne parlano ormai da quasi due anni. Come Dio vuole [...]. Non ci pensiamo molto a questo affare [...]. La fine della guerra è imminente". Poi in un altro gryps ai genitori conferma ancora: "Forse sarebbe meglio che questo processo non ci fosse. Del resto Dio sa, e ce la mandi buona! Quello che succederà, succederà secondo la sua volontà".
Intanto fu stabilita la data del processo: il 1° agosto 1942, alle ore 9,00, davanti al tribunale straordinario di Poznan´, nella sessione distaccata di Zwickau. I giovani informarono le loro famiglie della data, supplicarono per quel giorno una particolare preghiera e aspettarono. Il 1° agosto si presentarono in giudizio al tribunale. In piedi ascoltarono l’atto di accusa. Del resto lo conoscevano a memoria: la preparazione di un colpo di Stato allo scopo di far uscire dal Reich tedesco una parte dello stesso Stato tedesco. Il processo fu breve e ancor più breve fu la consultazione all’interno del tribunale. La sentenza di condanna colpì i nostri giovani come un fulmine a cielo sereno: per tutti e cinque "pena di morte!".
I giovani oratoriani trascorsero i loro ultimi 24 giorni insieme nella cella di morte numero 3 del Palazzo di Giustizia di Dresda. Non vivono nella disperazione, ma si preparano all’ora della morte con i sacramenti della Riconciliazione e della Comunione eucaristica. Comprendiamo la loro grandezza d’animo leggendo i brani delle ultime lettere che scrivono ai familiari. Parole semplici, piene d’amore, che diventano un vero trattato della loro eroicità.
"Mia amatissima mamma, e carissime sorelle – scrive Edward Kaz´mierski – ho ricevuto la vostra lettera di addio [...]. Mi fa molto piacere che voi siate rassegnati alla volontà di Dio [...]. Ringraziate il Signore per la sua grande misericordia. Mi ha concesso la serenità. Rassegnato alla sua santissima volontà, tra poco parto da questo mondo [...]. Ti ringrazio mamma, della tua benedizione. Così vuole Dio. Egli richiede da te questo sacrificio [...]. Vi chiedo perdono di tutto cuore [...]. Vi chiedo una preghiera".
“Miei amatissimi genitori, fratelli e sorelle – incomincia la sua lettera Franciszek Ke˛sy – è giunto il momento del congedo da voi. Il Buon Dio mi prende con sé. Non deplorate che in età così giovane io parta da questo mondo. Adesso sono in stato di grazia, e non so se più tardi sarei stato fedele alle mie promesse [...]. Vado in cielo, arrivederci. Là, in cielo, pregherò Dio [...]. Pregate qualche volta per me [...]. Ora vado".
"Amatissimi genitori, mamma, babbo, Maria, Henryk – così si rivolge ai parenti Edward Klinik – misteriosi sono i decreti di Dio, ma noi dobbiamo rassegnarci, perché tutto avviene per il bene della nostra anima [...]. Fino all’ultimo momento Maria è stata la mia Madre. Adesso quando tu, mamma, non mi avrai più, prendi Gesù [...]. Miei carissimi, non disperate di me e non piangete, perché io sono già con Gesù e Maria".
"Miei carissimi genitori, Giovanna, fratelli – scrive Czesław Józ´wiak – proprio quest’oggi, ossia il giorno dedicato a Maria Ausiliatrice [...] parto da questo mondo [...]. Vi prego solo di non piangere, non disperatevi, non affliggetevi nel cuore. Così vuole Dio [...]. Pregate il Signore per la pace della mia anima. Io pregherò Dio per voi, affinché vi benedica, e potremo un giorno tutti quanti vederci in cielo. Qui mando a ognuno di voi un bacio".
“Amatissima e carissima Ludosława – così tranquillizza la sorella Jarogniew Wojciechowski (la mamma era morta durante il secondo anno della sua prigionia) – stai sicura che tu non sei sola su questa terra. Io e la mamma saremo sempre accanto a te. Chiedo a te una cosa: affida i sentimenti di ogni momento della tua vita solo a Gesù e a Maria, perché con essi troverai la calma [...]. Pensa che felicità: parto da questo mondo unito a Gesù nella santa Comunione. In questa mia ultima Comunione penso a te e la offro per la tua intenzione e per la mia, con la speranza che tutta la nostra famiglia, senza eccezione, sarà molto felice lassù [...]. Ci vado ormai, e ti aspetto là in cielo con la carissima mamma".
Le sentenze furono eseguite il 24 agosto 1942; ne diedero notizia i manifesti apparsi il giorno successivo sui muri di Poznan´. Condannati senza regolare processo, senza possibilità di difesa, e comunque per cause tali da non giustificare la pena di morte, diedero un esempio eroico di fede e di vita cristiana. L’avevano assimilata nell’oratorio salesiano di Poznan´; e da essa attinsero la forza di accettare con serenità "la volontà di Dio", fino a perdonare i loro carnefici secondo il più genuino spirito del Vangelo.
Preghiera per la Canonizzazione
O Dio, che hai concesso ai Beati Francesco [Kesy]
e compagni martiri
la grazia della santità nel tempo della giovinezza;
rinnova i prodigi del tuo Spirito
perché anche noi affrontiamo, per tuo amore, ogni avversità,
e camminiamo con entusiasmo incontro a te,
che sei la vera vita.
Ti supplichiamo di voler glorificare questi tuoi servi
e di concederci, per loro intercessione,
la grazia che ti chiediamo...
Per Cristo nostro Signore. Amen.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Cinque giovani Oratoriani di Poznan, pregate per noi.
*Beato Czeslaw Jozwiak - Martire (24 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Poznan, Polonia, 7 settembre 1919 – Dresda, Germania, 24 agosto 1942
Czeslaw Jozwiak era legato all'oratorio salesiano di Poznan sin dalla fanciullezza. Aveva dieci anni quando vi mise piede per la prima volta. Suo padre lavorava come funzionario della polizia giudiziaria.
Egli frequentava il ginnasio "San Giovanni Kanty" e allo stesso tempo svolgeva il compito di animatore di un circolo giovanile all'oratorio.
Allo scoppio della guerra, pure lui si mise a lavorare in un negozio di cosmetici per l'impossibilità di continuare la scuola.
Di lui si dice che era collerico di natura, spontaneo e pieno di energia, ma padrone di se stesso, constante, pronto al sacrificio e coerente.
Guidato dal direttore don Agostino Piechura, lo si vedeva aspirare consapevolmente alla perfezione cristiana e progredire in essa. Godeva di indiscussa autorità di fronte ai più giovani.
Secondo un suo compagno di carcere: "Era di buon carattere e di buon cuore, aveva l'anima come di cristallo…quando si è aperto di fronte a me ho capito che il suo cuore era libero da ogni macchia di peccato e da ogni cattiveria… mi ha confidato un suo pensiero che lo preoccupava, cioè di non macchiarsi di nessuna impurezza".
Fu arrestato dai nazisti nel settembre 1940 con altri quattro giovani oratoriani; furono tutti decapitati a Dresda il 24 agosto 1942.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Dresda in Germania, Beati Ceslao Jóżwiak, Edoardo Kaźmierski, Francesco Kęsy, Edoardo Klinik e Iarognievo Wojciechowski, martiri, che, di origine polacca, gettati in carcere nello stesso periodo, patirono il martirio a colpi di scure.
Non solo gli ebrei sono state vittime delle persecuzioni naziste, come si sa queste imperversarono anche contro gli zingari, malati di mente, omosessuali, ecc.
In Polonia, vittima privilegita fu anche la Chiesa Cattolica, che era vista come guida del popolo molto influente, e dato che nel programma nazista vi era l’annientamento del popolo polacco come entità politica, era chiaro che bisognava colpire, prima di tutto l’Istituzione che maggiormente lo rappresentava e guidava, cioè la Chiesa.
Questa persecuzione ebbe luogo durante l’occupazione nazista dal 1939 al 1945 e provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca.
Papa Giovanni Paolo II nel corso del suo settimo viaggio apostolico in Polonia, ha beatificato il 13 giugno 1999, 108 martiri morti per la loro appartenenza alla Chiesa Cattolica, sia come consacrati, sia come laici impegnati nell’apostolato, accusati di inesistenti tradimenti, complotti, resistenze, ecc.
I 108 Beati martiri polacchi appartenevano a 18 diocesi e a 22 Congregazioni religiose; di essi 3 erano vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 suore professe, 9 laici; testimoni in vita e in morte della loro grande fede in Cristo e nella Chiesa Cattolica.
Quasi tutti deportati nei campi di concentramento, tristemente noti come Auschwitz, Dachau, Majdanek, Ravensbrück, Sachsenhausen, dove morirono uccisi dalle guardie dei campi o dalle torture inflitte. Altri morirono in varie prigioni come i cinque giovani laici, capigruppo di Associazioni giovanili salesiane, chiamati poi “i cinque di Poznan”, tutti decapitati nel carcere di Dresda, il 24 agosto 1942.
“I cinque di Poznan” sono stati chiamati così, come se fossero una persona sola, perché giovani poco più che ventenni, vissero insieme uniti nell’Oratorio Salesiano di Poznan e insieme offrirono il sacrificio della loro vita il 24 agosto del 1942, giorno dedicato al ricordo di Maria Ausiliatrice, alla cui materna protezione avevano affidato insieme la loro vita di cristiani.
I loro carnefici li vollero uniti anche nella morte e ne stroncarono la giovane vita sotto la mannaia della ghigliottina, pur essendo in cinque erano un cuor solo nell’amore per Dio e per i fratelli; all’Oratorio avevano ricevuto la stessa formazione e cominciato ad affrontare i più impegnativi ideali della loro vocazione cristiana.
Esuberanti nella loro giovinezza, uniti da una fraterna amicizia, animati dalla Grazia di Dio, portarono nelle celle buie del carcere, il sereno clima dell’Oratorio Salesiano, che era nel loro spirito.
Contro di loro vennero imbastite false accuse di aver promosso il tradimento di Stato, travolti loro malgrado dall’odio scatenato dalla guerra ed invasione nazista, furono arrestati tutti nel settembre del 1940, sottoposti a processi senza prove, erano troppo giovani ed innocenti per sapere le oscure trame dei traditori.
Ma per i nazisti la loro condanna e morte doveva essere una durissima lezione per il popolo polacco oppresso; pertanto scelsero come mezzo di esecuzione la ghigliottina, da tempo non più usata, piazzandola nel cortile della prigione del carcere di Dresda, sotto gli occhi inorriditi di tutti i prigionieri e condannati, per aumentare lo sgomento della loro pena.
Un’ora prima dell’esecuzione fu permesso loro di scrivere una lettera di commiato alla propria famiglia e queste lettere, poi raccolte e conservate, provano con quale spirito seppero morire i cinque giovani, come fossero stati dei giovani che si preparavano ad una consacrazione sacerdotale.
I loro nomi che splendono nell’albo dei Beati sono:
Czeslaw Józwiak, nato il 7 settembre 1919
Edward Klinik, nato il 21 giugno 1919
Franciszek Kesy, nato il 13 novembre 1920
Jarogniew Wojciechowski, nato il 5 novembre 1922
Edward Kazmierscki, nato il 1° ottobre 1919
Si riporta un brano dell’ultima lettera ai familiari di Czeslaw Józwiak:
“…Un momento fa mi sono confessato e fra poco prenderò la Comunione nel cuore, il sacerdote mi benedirà durante l’esecuzione. Abbiamo questa grande gioia di stare insieme prima della morte, tutti e cinque stiamo in una cella. Sono le 19,45, alle ore 20,30 me ne andrò da questo mondo. Vi prego solamente di non piangere, non disperare, non preoccuparsi. Dio ha voluto così…”.
Questo l'elenco completo dei 108 martiri:
- Adam Bargielski
- Aleksy Sobaszek
- Alfons Maria Mazurek
- Alicja Maria Jadwiga Kotowska
- Alojzy Liguda
- Anastazy Jakub Pankiewicz
- Anicet Koplinski
- Antoni Beszta-Borowski
- Antoni Julian Nowowiejski
- Antoni Leszczewicz
- Antoni Rewera
- Antoni Swiadek
- Antoni Zawistowski, sacerdote (1882-1942 KL Dachau)
- Boleslaw Strzelecki, sacerdote (1896-1941, Germania Auschwitz)
- Bronislaw Komorowski, sacerdote (1889-22.3.1940 KL Stutthof)
- Bronislaw Kostkowski, studente (1915-1942 KL Dachau)
- Brunon Zembol, religioso (1905-1922 KL Dachau)
- Czeslaw Jozwiak (1919-1942 prigione Dresden)
- Dominik Jedrzejewski, sacerdote (1886-1942 KL Dachau)
- Edward Detkens, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Edward Grzymala, sacerdote (1906-1942 KL Dachau)
- Edward Kazmierski (1919-1942 prigione in Dresden)
- Edward Klinik (1919-1942 prigione in Dresden)
- Emil Szramek, sacerdote (1887-1942 KL Dachau)
- Ewa Noiszewska, religiosa (1885-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Fidelis Chojnacki, religioso (1906-1942 KL Dachau)
- Florian Stepniak, religioso, sacerdote (1912-1942 KL Dachau)
- Franciszek Dachtera, sacerdote (1910-23.8.1942 KL Dachau)
- Franciszek Drzewiecki, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Franciszek Kesy, (1920-1942 prigione in Dresden)
- Franciszek Rogaczewski, sacerdote (1892-11.1.1940)
- Franciszek Roslaniec, sacerdote (1889-1942 KL Dachau)
- Franciszek Stryjas, padre di famiglia, (1882-31.7.1944 prigione Kalisz)
- Grzegorz Boleslaw Frackowiak, religioso (1911-1943 ucciso in Dresden)
- Henryk Hlebowicz, sacerdote (1904-1941 Borysewo)
- Henryk Kaczorowski, sacerdote (1888-1942 KL Dachau)
- Henryk Krzysztofik, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Hilary Pawel Januszewski, religioso, sacerdote (1907-1945 KL Dachau)
- Jan Antonin Bajewski, religioso, sacerdote (1915-1941 KL Auschwitz)
- Jan Nepomucen Chrzan, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jarogniew Wojciechowski (1922-1942 prigione in Dresden)
- Jerzy Kaszyra, religioso, sacerdote (1910-1943, in Rosica)
- Jozef Achilles Puchala, religioso, sacerdote (1911-1943)
- Jozef Cebula, religioso, sacerdote (1902-1941 KL Mauthausen)
- Jozef Czempiel, sacerdote (1883-1942 KL Mauthausen)
- Jozef Innocenty Guz, religioso, sacerdote (1890-1940 KL Sachsenhausen)
- Jozef Jankowski, religioso,sacerdote, (1910 -16.10.1941, Auschwitz)
- Jozef Kowalski
- Jozef Kurzawa, sacerdote (1910-1940)
- Jozef Kut, sacerdote (1905-1942 KL Dachau)
- Jozef Pawlowski, sacerdote (1890-9.1.1942 KL Dachau)
- Jozef Stanek, religioso, sacerdote (1916-23.9.1944, morto a seguito delle torture in Varsavia)
- Jozef Straszewski, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jozef Zaplata, religioso (1904-1945 KL Dachau)
- Julia Rodzinska, religiosa (1899-20.2.1945 Stutthof)
- Karol Herman Stepien, religioso, sacerdote (1910-1943)
- Katarzyna Celestyna Faron, religiosa (1913-1944 KL Auschwitz)
- Kazimierz Gostynski, sacerdote (1884-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Grelewski, sacerdote (1907-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Sykulski, sacerdote (1882-1942 KL Auschwitz)
- Krystyn Gondek, religioso, sacerdote (1909-1942)
- Leon Nowakowski, sacerdote (1913-1939)
- Leon Wetmanski, (1886-1941, Dzialdowo), vescovo
- Ludwik Gietyngier
- Ludwik Mzyk, religioso, sacerdote (1905-1940)
- Ludwik Pius Bartosik, religioso, sacerdote (1909-1941 KL Auschwitz)
- Maksymilian Binkiewicz, sacerdote (1913-24.7.1942, Dachau)
- Marcin Oprzadek, religioso (1884-1942 KL Dachau)
- Maria Antonina Kratochwil, religiosa (1881-1942)
- Maria Klemensa Staszewska, religiosa (1890-1943 KL Auschwitz)
- Marian Gorecki, sacerdote (1903-22.3.1940 KL Stutthof)
- Marian Konopinski, sacerdote (1907-1.1.1943 KL Dachau)
- Marian Skrzypczak, sacerdote (1909-1939 in Plonkowo)
- Marianna Biernacka, (1888-1943),
- Marta Wolowska, religiosa (1879-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Michal Czartoryski, religioso, sacerdote (1897-1944)
- Michal Ozieblowski, sacerdote (1900-1942 KL Dachau)
- Michal Piaszczynski, sacerdote (1885-1940 KL Sachsenhausen)
- Michal Wozniak, sacerdote (1875-1942 KL Dachau)
- Mieczyslaw Bohatkiewicz, sacerdote (1904-4.3.1942 shot in Berezwecz)
- Mieczyslawa Kowalska, religiosa (1902-1941 KL Dzialdowo)
- Narcyz Putz, sacerdote (1877-1942 KL Dachau)
- Narcyz Turchan, religioso, sacerdote (1879-1942 KL Dachau)
- Natalia Tulasiewicz (1906-31.3.1945 Ravensbrück)
- Piotr Bonifacy Z~~ukowski, religioso (1913-1942 KL Auschwitz)
- Piotr Edward Dankowski, sacerdote (1908-3.4.1942 KL Auschwitz)
- Roman Archutowski, sacerdote (1882-1943 KL Majdanek)
- Roman Sitko, sacerdote (1880-1942 KL Auschwitz)
- Stanislaw Kubista, religioso, sacerdote (1898-1940 KL Sachsenhausen)
- Stanislaw Kubski, religioso, sacerdote (1876-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Mysakowski, sacerdote (1896-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Pyrtek, sacerdote (1913-4.3.1942 Berezwecz)
- Stanislaw Starowieyski, padre di famiglia (1895-13.4.1940/1 KL Dachau)
- Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, religioso (1908-1942 KL Auschwitz)
- Stefan Grelewski, sacerdote (1899-1941 KL Dachau)
- Symforian Ducki, religioso (1888-1942 KL Auschwiitz)
- Tadeusz Dulny, seminarita (1914-1942 KL Dachau)
- Wincenty Matuszewski, sacerdote (1869-1940)
- Wladyslaw Bladzinski, religioso, sacerdote (1908-1944)
- Wladyslaw Demski, sacerdote (1884-28.5.1940, Sachsenhausen)
- Wladyslaw Goral, (1898-1945 KL Sachsenhausen), vescovo
- Wladyslaw Mackowiak, sacerdote (1910-4.3.1942 Berezwecz)
- Wladyslaw Maczkowski, sacerdote (1911-20.8.1942 KL Dachau)
- Wladyslaw Miegon, sacerdote, (1892-1942 KL Dachau)
- Wlodzimierz Laskowski, sacerdote (1886-1940 KL Gusen)
- Wojciech Nierychlewski, religioso, sacerdote (1903-1942 KL Auschwitz)
- Zygmunt Pisarski, sacerdote (1902-1943)
- Zygmunt Sajna, sacerdote (1897-1940 Palmiry)
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Czeslaw Jozwiak, pregate per noi.
*Beato Edoardo Kazmierski - Martire (24 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Poznan, Polonia, 1 ottobre 1919 – Dresda, Germania, 24 agosto 1942
Edward Kazmierski, nato a Poznan, proveniva da una famiglia povera. Suo padre era calzolaio. Appena terminata la scuola elementare, fu costretto a lavorare in un negozio e poi in una azienda meccanica. Si inserì presto nell'oratorio salesiano e in questo ambiente poté sviluppare insolite doti musicali.
Di lui si dice: la viva religiosità che attinse dalla famiglia lo portò ben presto, sotto la guida dei salesiani, alla maturità cristiana. Passava il tempo libero dopo il lavoro nell'ambiente dell'oratorio e cresceva nella devozione eucaristica e mariana.
A 15 anni partecipò al pellegrinaggio a Czestokowa facendo a piedi una distanza di oltre 500 Km. Fu presidente del circolo San Giovanni Bosco e si entusiasmò per gli ideali salesiani.
Vivace, costante nelle decisioni, coerente, amava cantare in chiesa, nel coro o da solista. A quindici anni scrisse alcune composizioni musicali. Lo caratterizzavano la sobrietà, la prudenza, la benevolenza.
Nella prigionia dimostrò un grande amore verso i compagni. Aiutava volentieri i più anziani e fu totalmente libero da qualsiasi sentimento di odio verso i persecutori.
Fu arrestato dai nazisti nel settembre 1940 con altri quattro giovani oratoriani; furono tutti decapitati a Dresda il 24 agosto 1942.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Dresda in Germania, Beati Ceslao Jóżwiak, Edoardo Kaźmierski, Francesco Kęsy, Edoardo Klinik e Iarognievo Wojciechowski, martiri, che, di origine polacca, gettati in carcere nello stesso periodo, patirono il martirio a colpi di scure.
Non solo gli ebrei sono state vittime delle persecuzioni naziste, come si sa queste imperversarono anche contro gli zingari, malati di mente, omosessuali, ecc.
In Polonia, vittima privilegita fu anche la Chiesa Cattolica, che era vista come guida del popolo molto influente, e dato che nel programma nazista vi era l’annientamento del popolo polacco come entità politica, era chiaro che bisognava colpire, prima di tutto l’Istituzione che maggiormente lo rappresentava e guidava, cioè la Chiesa.
Questa persecuzione ebbe luogo durante l’occupazione nazista dal 1939 al 1945 e provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca.
Papa Giovanni Paolo II nel corso del suo settimo viaggio apostolico in Polonia, ha beatificato il 13 giugno 1999, 108 martiri morti per la loro appartenenza alla Chiesa Cattolica, sia come consacrati, sia come laici impegnati nell’apostolato, accusati di inesistenti tradimenti, complotti, resistenze, ecc.
I 108 Beati martiri polacchi appartenevano a 18 diocesi e a 22 Congregazioni religiose; di essi 3 erano vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 suore professe, 9 laici; testimoni in vita e in morte della loro grande fede in Cristo e nella Chiesa Cattolica.
Quasi tutti deportati nei campi di concentramento, tristemente noti come Auschwitz, Dachau, Majdanek, Ravensbrück, Sachsenhausen, dove morirono uccisi dalle guardie dei campi o dalle torture inflitte. Altri morirono in varie prigioni come i cinque giovani laici, capigruppo di Associazioni giovanili salesiane, chiamati poi “i cinque di Poznan”, tutti decapitati nel carcere di Dresda, il 24 agosto 1942.
“I cinque di Poznan” sono stati chiamati così, come se fossero una persona sola, perché giovani poco più che ventenni, vissero insieme uniti nell’Oratorio Salesiano di Poznan e insieme offrirono il sacrificio della loro vita il 24 agosto del 1942, giorno dedicato al ricordo di Maria Ausiliatrice, alla cui materna protezione avevano affidato insieme la loro vita di cristiani.
I loro carnefici li vollero uniti anche nella morte e ne stroncarono la giovane vita sotto la mannaia della ghigliottina, pur essendo in cinque erano un cuor solo nell’amore per Dio e per i fratelli; all’Oratorio avevano ricevuto la stessa formazione e cominciato ad affrontare i più impegnativi ideali della loro vocazione cristiana.
Esuberanti nella loro giovinezza, uniti da una fraterna amicizia, animati dalla Grazia di Dio, portarono nelle celle buie del carcere, il sereno clima dell’Oratorio Salesiano, che era nel loro spirito.
Contro di loro vennero imbastite false accuse di aver promosso il tradimento di Stato, travolti loro malgrado dall’odio scatenato dalla guerra ed invasione nazista, furono arrestati tutti nel settembre del 1940, sottoposti a processi senza prove, erano troppo giovani ed innocenti per sapere le oscure trame dei traditori.
Ma per i nazisti la loro condanna e morte doveva essere una durissima lezione per il popolo polacco oppresso; pertanto scelsero come mezzo di esecuzione la ghigliottina, da tempo non più usata, piazzandola nel cortile della prigione del carcere di Dresda, sotto gli occhi inorriditi di tutti i prigionieri e condannati, per aumentare lo sgomento della loro pena.
Un’ora prima dell’esecuzione fu permesso loro di scrivere una lettera di commiato alla propria famiglia e queste lettere, poi raccolte e conservate, provano con quale spirito seppero morire i cinque giovani, come fossero stati dei giovani che si preparavano ad una consacrazione sacerdotale.
I loro nomi che splendono nell’albo dei Beati sono:
Czeslaw Józwiak, nato il 7 settembre 1919
Edward Klinik, nato il 21 giugno 1919
Franciszek Kesy, nato il 13 novembre 1920
Jarogniew Wojciechowski, nato il 5 novembre 1922
Edward Kazmierscki, nato il 1° ottobre 1919
Si riporta un brano dell’ultima lettera ai familiari di Czeslaw Józwiak:
“…Un momento fa mi sono confessato e fra poco prenderò la Comunione nel cuore, il sacerdote mi benedirà durante l’esecuzione. Abbiamo questa grande gioia di stare insieme prima della morte, tutti e cinque stiamo in una cella. Sono le 19,45, alle ore 20,30 me ne andrò da questo mondo. Vi prego solamente di non piangere, non disperare, non preoccuparsi. Dio ha voluto così…”.
Questo l'elenco completo dei 108 martiri:
- Adam Bargielski
- Aleksy Sobaszek
- Alfons Maria Mazurek
- Alicja Maria Jadwiga Kotowska
- Alojzy Liguda
- Anastazy Jakub Pankiewicz
- Anicet Koplinski
- Antoni Beszta-Borowski
- Antoni Julian Nowowiejski
- Antoni Leszczewicz
- Antoni Rewera
- Antoni Swiadek
- Antoni Zawistowski, sacerdote (1882-1942 KL Dachau)
- Boleslaw Strzelecki, sacerdote (1896-1941, Germania Auschwitz)
- Bronislaw Komorowski, sacerdote (1889-22.3.1940 KL Stutthof)
- Bronislaw Kostkowski, studente (1915-1942 KL Dachau)
- Brunon Zembol, religioso (1905-1922 KL Dachau)
- Czeslaw Jozwiak (1919-1942 prigione Dresden)
- Dominik Jedrzejewski, sacerdote (1886-1942 KL Dachau)
- Edward Detkens, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Edward Grzymala, sacerdote (1906-1942 KL Dachau)
- Edward Kazmierski (1919-1942 prigione in Dresden)
- Edward Klinik (1919-1942 prigione in Dresden)
- Emil Szramek, sacerdote (1887-1942 KL Dachau)
- Ewa Noiszewska, religiosa (1885-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Fidelis Chojnacki, religioso (1906-1942 KL Dachau)
- Florian Stepniak, religioso, sacerdote (1912-1942 KL Dachau)
- Franciszek Dachtera, sacerdote (1910-23.8.1942 KL Dachau)
- Franciszek Drzewiecki, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Franciszek Kesy, (1920-1942 prigione in Dresden)
- Franciszek Rogaczewski, sacerdote (1892-11.1.1940)
- Franciszek Roslaniec, sacerdote (1889-1942 KL Dachau)
- Franciszek Stryjas, padre di famiglia, (1882-31.7.1944 prigione Kalisz)
- Grzegorz Boleslaw Frackowiak, religioso (1911-1943 ucciso in Dresden)
- Henryk Hlebowicz, sacerdote (1904-1941 Borysewo)
- Henryk Kaczorowski, sacerdote (1888-1942 KL Dachau)
- Henryk Krzysztofik, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Hilary Pawel Januszewski, religioso, sacerdote (1907-1945 KL Dachau)
- Jan Antonin Bajewski, religioso, sacerdote (1915-1941 KL Auschwitz)
- Jan Nepomucen Chrzan, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jarogniew Wojciechowski (1922-1942 prigione in Dresden)
- Jerzy Kaszyra, religioso, sacerdote (1910-1943, in Rosica)
- Jozef Achilles Puchala, religioso, sacerdote (1911-1943)
- Jozef Cebula, religioso, sacerdote (1902-1941 KL Mauthausen)
- Jozef Czempiel, sacerdote (1883-1942 KL Mauthausen)
- Jozef Innocenty Guz, religioso, sacerdote (1890-1940 KL Sachsenhausen)
- Jozef Jankowski, religioso,sacerdote, (1910 -16.10.1941, Auschwitz)
- Jozef Kowalski
- Jozef Kurzawa, sacerdote (1910-1940)
- Jozef Kut, sacerdote (1905-1942 KL Dachau)
- Jozef Pawlowski, sacerdote (1890-9.1.1942 KL Dachau)
- Jozef Stanek, religioso, sacerdote (1916-23.9.1944, morto a seguito delle torture in Varsavia)
- Jozef Straszewski, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jozef Zaplata, religioso (1904-1945 KL Dachau)
- Julia Rodzinska, religiosa (1899-20.2.1945 Stutthof)
- Karol Herman Stepien, religioso, sacerdote (1910-1943)
- Katarzyna Celestyna Faron, religiosa (1913-1944 KL Auschwitz)
- Kazimierz Gostynski, sacerdote (1884-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Grelewski, sacerdote (1907-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Sykulski, sacerdote (1882-1942 KL Auschwitz)
- Krystyn Gondek, religioso, sacerdote (1909-1942)
- Leon Nowakowski, sacerdote (1913-1939)
- Leon Wetmanski, (1886-1941, Dzialdowo), vescovo
- Ludwik Gietyngier
- Ludwik Mzyk, religioso, sacerdote (1905-1940)
- Ludwik Pius Bartosik, religioso, sacerdote (1909-1941 KL Auschwitz)
- Maksymilian Binkiewicz, sacerdote (1913-24.7.1942, Dachau)
- Marcin Oprzadek, religioso (1884-1942 KL Dachau)
- Maria Antonina Kratochwil, religiosa (1881-1942)
- Maria Klemensa Staszewska, religiosa (1890-1943 KL Auschwitz)
- Marian Gorecki, sacerdote (1903-22.3.1940 KL Stutthof)
- Marian Konopinski, sacerdote (1907-1.1.1943 KL Dachau)
- Marian Skrzypczak, sacerdote (1909-1939 in Plonkowo)
- Marianna Biernacka, (1888-1943),
- Marta Wolowska, religiosa (1879-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Michal Czartoryski, religioso, sacerdote (1897-1944)
- Michal Ozieblowski, sacerdote (1900-1942 KL Dachau)
- Michal Piaszczynski, sacerdote (1885-1940 KL Sachsenhausen)
- Michal Wozniak, sacerdote (1875-1942 KL Dachau)
- Mieczyslaw Bohatkiewicz, sacerdote (1904-4.3.1942 shot in Berezwecz)
- Mieczyslawa Kowalska, religiosa (1902-1941 KL Dzialdowo)
- Narcyz Putz, sacerdote (1877-1942 KL Dachau)
- Narcyz Turchan, religioso, sacerdote (1879-1942 KL Dachau)
- Natalia Tulasiewicz (1906-31.3.1945 Ravensbrück)
- Piotr Bonifacy Z~~ukowski, religioso (1913-1942 KL Auschwitz)
- Piotr Edward Dankowski, sacerdote (1908-3.4.1942 KL Auschwitz)
- Roman Archutowski, sacerdote (1882-1943 KL Majdanek)
- Roman Sitko, sacerdote (1880-1942 KL Auschwitz)
- Stanislaw Kubista, religioso, sacerdote (1898-1940 KL Sachsenhausen)
- Stanislaw Kubski, religioso, sacerdote (1876-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Mysakowski, sacerdote (1896-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Pyrtek, sacerdote (1913-4.3.1942 Berezwecz)
- Stanislaw Starowieyski, padre di famiglia (1895-13.4.1940/1 KL Dachau)
- Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, religioso (1908-1942 KL Auschwitz)
- Stefan Grelewski, sacerdote (1899-1941 KL Dachau)
- Symforian Ducki, religioso (1888-1942 KL Auschwiitz)
- Tadeusz Dulny, seminarita (1914-1942 KL Dachau)
- Wincenty Matuszewski, sacerdote (1869-1940)
- Wladyslaw Bladzinski, religioso, sacerdote (1908-1944)
- Wladyslaw Demski, sacerdote (1884-28.5.1940, Sachsenhausen)
- Wladyslaw Goral, (1898-1945 KL Sachsenhausen), vescovo
- Wladyslaw Mackowiak, sacerdote (1910-4.3.1942 Berezwecz)
- Wladyslaw Maczkowski, sacerdote (1911-20.8.1942 KL Dachau)
- Wladyslaw Miegon, sacerdote, (1892-1942 KL Dachau)
- Wlodzimierz Laskowski, sacerdote (1886-1940 KL Gusen)
- Wojciech Nierychlewski, religioso, sacerdote (1903-1942 KL Auschwitz)
- Zygmunt Pisarski, sacerdote (1902-1943)
- Zygmunt Sajna, sacerdote (1897-1940 Palmiry)
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Edoardo Kazmierski, pregate per noi.
*Beato Edoardo Klinik - Martire (24 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Poznan, Polonia, 21 giugno 1919 – Dresda, Germania, 24 agosto 1942
Finì il ginnasio alla casa salesiana di Oswiecim e successivamente a Poznan superò l'esame di maturità. Durante l'occupazione si diede a lavorare in una ditta di costruzione. Sua sorella, Sr. Maria, professa delle suore Orsoline di Gesù Agonizzante, attesta: "Quando Edward andò all'oratorio la sua vita religiosa si approfondì molto.
Iniziò a partecipare alla messa da chierichetto. In questa vita oratoriana coinvolse anche suo fratello minore.
Era abbastanza sereno, timido; diventò più vivace dal momento dell'entrata all'oratorio.
Era uno studente sistematico, responsabile".
Nel gruppo dei cinque si distingueva perché era molto impegnato su ogni campo di attività e dava l'impressione di essere il più serio e profondo.
Sotto la guida dei maestri salesiani, la sua vita spirituale diventava sempre più soda con al centro il culto eucaristico, una vivissima devozione mariana e l'entusiasmo per gli ideali di San Giovanni Bosco.
Fu arrestato dai nazisti nel settembre 1940 con altri quattro giovani oratoriani; furono tutti decapitati a Dresda il 24 agosto 1942.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Dresda in Germania, Beati Ceslao Jóżwiak, Edoardo Kaźmierski, Francesco Kęsy, Edoardo Klinik e Iarognievo Wojciechowski, martiri, che, di origine polacca, gettati in carcere nello stesso periodo, patirono il martirio a colpi di scure.
Non solo gli ebrei sono state vittime delle persecuzioni naziste, come si sa queste imperversarono anche contro gli zingari, malati di mente, omosessuali, ecc.
In Polonia, vittima privilegita fu anche la Chiesa Cattolica, che era vista come guida del popolo molto influente, e dato che nel programma nazista vi era l’annientamento del popolo polacco come entità politica, era chiaro che bisognava colpire, prima di tutto l’Istituzione che maggiormente lo rappresentava e guidava, cioè la Chiesa.
Questa persecuzione ebbe luogo durante l’occupazione nazista dal 1939 al 1945 e provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca.
Papa Giovanni Paolo II nel corso del suo settimo viaggio apostolico in Polonia, ha beatificato il 13 giugno 1999, 108 martiri morti per la loro appartenenza alla Chiesa Cattolica, sia come consacrati, sia come laici impegnati nell’apostolato, accusati di inesistenti tradimenti, complotti, resistenze, ecc.
I 108 Beati martiri polacchi appartenevano a 18 diocesi e a 22 Congregazioni religiose; di essi 3 erano vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 suore professe, 9 laici; testimoni in vita e in morte della loro grande fede in Cristo e nella Chiesa Cattolica.
Quasi tutti deportati nei campi di concentramento, tristemente noti come Auschwitz, Dachau, Majdanek, Ravensbrück, Sachsenhausen, dove morirono uccisi dalle guardie dei campi o dalle torture inflitte. Altri morirono in varie prigioni come i cinque giovani laici, capigruppo di Associazioni giovanili salesiane, chiamati poi “i cinque di Poznan”, tutti decapitati nel carcere di Dresda, il 24 agosto 1942.
“I cinque di Poznan” sono stati chiamati così, come se fossero una persona sola, perché giovani poco più che ventenni, vissero insieme uniti nell’Oratorio Salesiano di Poznan e insieme offrirono il sacrificio della loro vita il 24 agosto del 1942, giorno dedicato al ricordo di Maria Ausiliatrice, alla cui materna protezione avevano affidato insieme la loro vita di cristiani.
I loro carnefici li vollero uniti anche nella morte e ne stroncarono la giovane vita sotto la mannaia della ghigliottina, pur essendo in cinque erano un cuor solo nell’amore per Dio e per i fratelli; all’Oratorio avevano ricevuto la stessa formazione e cominciato ad affrontare i più impegnativi ideali della loro vocazione cristiana.
Esuberanti nella loro giovinezza, uniti da una fraterna amicizia, animati dalla Grazia di Dio, portarono nelle celle buie del carcere, il sereno clima dell’Oratorio Salesiano, che era nel loro spirito.
Contro di loro vennero imbastite false accuse di aver promosso il tradimento di Stato, travolti loro malgrado dall’odio scatenato dalla guerra ed invasione nazista, furono arrestati tutti nel settembre del 1940, sottoposti a processi senza prove, erano troppo giovani ed innocenti per sapere le oscure trame dei traditori.
Ma per i nazisti la loro condanna e morte doveva essere una durissima lezione per il popolo polacco oppresso; pertanto scelsero come mezzo di esecuzione la ghigliottina, da tempo non più usata, piazzandola nel cortile della prigione del carcere di Dresda, sotto gli occhi inorriditi di tutti i prigionieri e condannati, per aumentare lo sgomento della loro pena.
Un’ora prima dell’esecuzione fu permesso loro di scrivere una lettera di commiato alla propria famiglia e queste lettere, poi raccolte e conservate, provano con quale spirito seppero morire i cinque giovani, come fossero stati dei giovani che si preparavano ad una consacrazione sacerdotale.
I loro nomi che splendono nell’albo dei Beati sono:
Czeslaw Józwiak, nato il 7 settembre 1919
Edward Klinik, nato il 21 giugno 1919
Franciszek Kesy, nato il 13 novembre 1920
Jarogniew Wojciechowski, nato il 5 novembre 1922
Edward Kazmierscki, nato il 1° ottobre 1919
Si riporta un brano dell’ultima lettera ai familiari di Czeslaw Józwiak:
“…Un momento fa mi sono confessato e fra poco prenderò la Comunione nel cuore, il sacerdote mi benedirà durante l’esecuzione. Abbiamo questa grande gioia di stare insieme prima della morte, tutti e cinque stiamo in una cella. Sono le 19,45, alle ore 20,30 me ne andrò da questo mondo. Vi prego solamente di non piangere, non disperare, non preoccuparsi. Dio ha voluto così…”.
Questo l'elenco completo dei 108 martiri:
- Adam Bargielski
- Aleksy Sobaszek
- Alfons Maria Mazurek
- Alicja Maria Jadwiga Kotowska
- Alojzy Liguda
- Anastazy Jakub Pankiewicz
- Anicet Koplinski
- Antoni Beszta-Borowski
- Antoni Julian Nowowiejski
- Antoni Leszczewicz
- Antoni Rewera
- Antoni Swiadek
- Antoni Zawistowski, sacerdote (1882-1942 KL Dachau)
- Boleslaw Strzelecki, sacerdote (1896-1941, Germania Auschwitz)
- Bronislaw Komorowski, sacerdote (1889-22.3.1940 KL Stutthof)
- Bronislaw Kostkowski, studente (1915-1942 KL Dachau)
- Brunon Zembol, religioso (1905-1922 KL Dachau)
- Czeslaw Jozwiak (1919-1942 prigione Dresden)
- Dominik Jedrzejewski, sacerdote (1886-1942 KL Dachau)
- Edward Detkens, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Edward Grzymala, sacerdote (1906-1942 KL Dachau)
- Edward Kazmierski (1919-1942 prigione in Dresden)
- Edward Klinik (1919-1942 prigione in Dresden)
- Emil Szramek, sacerdote (1887-1942 KL Dachau)
- Ewa Noiszewska, religiosa (1885-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Fidelis Chojnacki, religioso (1906-1942 KL Dachau)
- Florian Stepniak, religioso, sacerdote (1912-1942 KL Dachau)
- Franciszek Dachtera, sacerdote (1910-23.8.1942 KL Dachau)
- Franciszek Drzewiecki, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Franciszek Kesy, (1920-1942 prigione in Dresden)
- Franciszek Rogaczewski, sacerdote (1892-11.1.1940)
- Franciszek Roslaniec, sacerdote (1889-1942 KL Dachau)
- Franciszek Stryjas, padre di famiglia, (1882-31.7.1944 prigione Kalisz)
- Grzegorz Boleslaw Frackowiak, religioso (1911-1943 ucciso in Dresden)
- Henryk Hlebowicz, sacerdote (1904-1941 Borysewo)
- Henryk Kaczorowski, sacerdote (1888-1942 KL Dachau)
- Henryk Krzysztofik, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Hilary Pawel Januszewski, religioso, sacerdote (1907-1945 KL Dachau)
- Jan Antonin Bajewski, religioso, sacerdote (1915-1941 KL Auschwitz)
- Jan Nepomucen Chrzan, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jarogniew Wojciechowski (1922-1942 prigione in Dresden)
- Jerzy Kaszyra, religioso, sacerdote (1910-1943, in Rosica)
- Jozef Achilles Puchala, religioso, sacerdote (1911-1943)
- Jozef Cebula, religioso, sacerdote (1902-1941 KL Mauthausen)
- Jozef Czempiel, sacerdote (1883-1942 KL Mauthausen)
- Jozef Innocenty Guz, religioso, sacerdote (1890-1940 KL Sachsenhausen)
- Jozef Jankowski, religioso,sacerdote, (1910 -16.10.1941, Auschwitz)
- Jozef Kowalski
- Jozef Kurzawa, sacerdote (1910-1940)
- Jozef Kut, sacerdote (1905-1942 KL Dachau)
- Jozef Pawlowski, sacerdote (1890-9.1.1942 KL Dachau)
- Jozef Stanek, religioso, sacerdote (1916-23.9.1944, morto a seguito delle torture in Varsavia)
- Jozef Straszewski, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jozef Zaplata, religioso (1904-1945 KL Dachau)
- Julia Rodzinska, religiosa (1899-20.2.1945 Stutthof)
- Karol Herman Stepien, religioso, sacerdote (1910-1943)
- Katarzyna Celestyna Faron, religiosa (1913-1944 KL Auschwitz)
- Kazimierz Gostynski, sacerdote (1884-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Grelewski, sacerdote (1907-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Sykulski, sacerdote (1882-1942 KL Auschwitz)
- Krystyn Gondek, religioso, sacerdote (1909-1942)
- Leon Nowakowski, sacerdote (1913-1939)
- Leon Wetmanski, (1886-1941, Dzialdowo), vescovo
- Ludwik Gietyngier
- Ludwik Mzyk, religioso, sacerdote (1905-1940)
- Ludwik Pius Bartosik, religioso, sacerdote (1909-1941 KL Auschwitz)
- Maksymilian Binkiewicz, sacerdote (1913-24.7.1942, Dachau)
- Marcin Oprzadek, religioso (1884-1942 KL Dachau)
- Maria Antonina Kratochwil, religiosa (1881-1942)
- Maria Klemensa Staszewska, religiosa (1890-1943 KL Auschwitz)
- Marian Gorecki, sacerdote (1903-22.3.1940 KL Stutthof)
- Marian Konopinski, sacerdote (1907-1.1.1943 KL Dachau)
- Marian Skrzypczak, sacerdote (1909-1939 in Plonkowo)
- Marianna Biernacka, (1888-1943),
- Marta Wolowska, religiosa (1879-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Michal Czartoryski, religioso, sacerdote (1897-1944)
- Michal Ozieblowski, sacerdote (1900-1942 KL Dachau)
- Michal Piaszczynski, sacerdote (1885-1940 KL Sachsenhausen)
- Michal Wozniak, sacerdote (1875-1942 KL Dachau)
- Mieczyslaw Bohatkiewicz, sacerdote (1904-4.3.1942 shot in Berezwecz)
- Mieczyslawa Kowalska, religiosa (1902-1941 KL Dzialdowo)
- Narcyz Putz, sacerdote (1877-1942 KL Dachau)
- Narcyz Turchan, religioso, sacerdote (1879-1942 KL Dachau)
- Natalia Tulasiewicz (1906-31.3.1945 Ravensbrück)
- Piotr Bonifacy Z~~ukowski, religioso (1913-1942 KL Auschwitz)
- Piotr Edward Dankowski, sacerdote (1908-3.4.1942 KL Auschwitz)
- Roman Archutowski, sacerdote (1882-1943 KL Majdanek)
- Roman Sitko, sacerdote (1880-1942 KL Auschwitz)
- Stanislaw Kubista, religioso, sacerdote (1898-1940 KL Sachsenhausen)
- Stanislaw Kubski, religioso, sacerdote (1876-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Mysakowski, sacerdote (1896-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Pyrtek, sacerdote (1913-4.3.1942 Berezwecz)
- Stanislaw Starowieyski, padre di famiglia (1895-13.4.1940/1 KL Dachau)
- Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, religioso (1908-1942 KL Auschwitz)
- Stefan Grelewski, sacerdote (1899-1941 KL Dachau)
- Symforian Ducki, religioso (1888-1942 KL Auschwiitz)
- Tadeusz Dulny, seminarita (1914-1942 KL Dachau)
- Wincenty Matuszewski, sacerdote (1869-1940)
- Wladyslaw Bladzinski, religioso, sacerdote (1908-1944)
- Wladyslaw Demski, sacerdote (1884-28.5.1940, Sachsenhausen)
- Wladyslaw Goral, (1898-1945 KL Sachsenhausen), vescovo
- Wladyslaw Mackowiak, sacerdote (1910-4.3.1942 Berezwecz)
- Wladyslaw Maczkowski, sacerdote (1911-20.8.1942 KL Dachau)
- Wladyslaw Miegon, sacerdote, (1892-1942 KL Dachau)
- Wlodzimierz Laskowski, sacerdote (1886-1940 KL Gusen)
- Wojciech Nierychlewski, religioso, sacerdote (1903-1942 KL Auschwitz)
- Zygmunt Pisarski, sacerdote (1902-1943)
- Zygmunt Sajna, sacerdote (1897-1940 Palmiry)
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Edoardo Klinik, pregate per noi.
*Sant'Emilia de Vialar - Vergine, Fondatrice (24 Agosto)
Gaillac, Francia, 12 settembre 1797 - Marsiglia, Francia, 24 agosto 1856
Nasce a Gaillac, in Francia, il 12 settembre 1797 da una famiglia aristocratica distintasi nella magistratura. A diciotto anni decide di servire il Vangelo dedicandosi ai poveri. Donna dal carattere estremamente forte, le sue attitudini corrispondono alle necessità per la Chiesa francese di riorganizzarsi dopo l'età napoleonica. Fa dono di tutti i suoi beni e della sua casa ai molti poveri e anziani della Parigi post rivoluzionaria.
Costretta a lasciare l'Algeria, dove aveva aperto un ospedale, Emilia sceglie Marsiglia come sede di una congregazione rivolta alle missioni e fonda la congregazione delle Suore di san Giuseppe dell'Apparizione.
Qui incontra l'appoggio del vescovo Eugenio de Mazenod, noto per la sua sensibilità e l'interesse per le terre extraeuropee. La capacità di lavoro, di relazioni e di dialogo si accompagnano in Emilia ad una profondità spirituale che le fa incontrare il Signore: in mezzo alle preoccupazioni, ai viaggi faticosi, non perde mai il contatto con il divino. Muore a 59 anni il 24 giugno 1856. Pio XII la canonizza nel 1951. (Avvenire)
Martirologio Romano: A Marsiglia in Francia, santa Emilia de Vialar, vergine, che, dedita alla diffusione del Vangelo in regioni lontane, istituì la Congregazione delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione e la diffuse con dedizione.
Sua madre muore mentre in carrozza accompagna lei tredicenne al collegio parigino delle Dame dell’Abbaye-au-Bois, per signorine di alta condizione. Dal lato paterno, Emilia appartiene a un casato di uomini di legge; e il suo nonno materno è il ricchissimo barone Antonio Portal, scienziato e medico del re Luigi XVIII. Da Parigi, Emilia ritorna quindicenne a Gaillac per stare col padre e i due fratelli, più giovani di lei. Ma il padre sembra ormai indifferente a tutto e a tutti. Chi manda avanti la casa è una domestica fidata, laboriosa, decisionista.
E per Emilia questi sono anni confusi: bella e ricca com’è, non si sposa, e pare che non sappia cosa fare. Durante una missione popolare, i predicatori la orientano verso i drammi della povertà, e lei dà una prima risposta aprendo casa sua a molti infelici.
Ma così entra in conflitto col padre e con Toinon (Antonietta), l’autoritaria domestica, che l’accusa di rovinare la famiglia. Intanto ha radunato un gruppetto di ragazze che condividono il suo aiuto ai poveri e le sue speranze in qualcos’altro.
E questo “altro” giunge nel 1832: la morte del nonno materno procura una ricca eredità a Emilia, che subito compra una casa, raccogliendovi le compagne, e con l’aiuto del vescovo di Albi fonda la congregazione delle Suore di San Giuseppe dell’Apparizione. Si è ispirata al Vangelo di Matteo, là dove narra dell’Angelo che appare a san Giuseppe per rassicurarlo: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quello che è generato in lei viene dalloSpirito Santo" (Mt 1,20).
Agostino de Vialar, fratello di Emilia, vive in Algeria, già occupata dai francesi, e le propone di aprire un ospedale a Boufarik, presso Algeri. Lei arriva con le prime compagne, in tempo per affrontare un’epidemia di colera. Col denaro del nonno crea ospedali e scuole, tra l’ammirazione dei musulmani. (Uno di essi, mentre lei gli medica una gamba in cancrena, le indica il Crocifisso dicendo: "Lui deve essere molto buono se ti spinge a fare questo per me").
Ma nel 1843 il vescovo francese di Algeri fa richiamare tutte le suore in Francia, e si tiene le loro opere. Così Emilia è anche povera, adesso: ma non ha visto ancora il peggio. Riparte dalla Francia portando scuole e ospedali a Malta, Cipro, Tripoli, Beirut; viaggia nel mondo spingendosi fino all’Australia.
E intanto arriva, per lei, il disastro proprio in casa: a Gaillac, nella sua prima comunità. Qui la superiora locale rovina tutto con un’amministrazione disastrosa, e poi se ne va facendo anche causa a madre Emilia, per avere indietro la dote. Povertà, debiti, ondate di maldicenza, sembra davvero la fine. Ma lei è tranquilla: "Il nostro Ordine deve prosperare nella povertà".
Abbandonata Gaillac, il cuore della Congregazione trova sistemazione definitiva nel 1852 a Marsiglia, con l’aiuto del vescovo che è un padre di missionari e futuro santo: Eugenio di Mazenod, fondatore degli Oblati di Maria Immacolata. Emilia non ha più eredità da spendere, ma avrà sempre più esempi da mostrare, dovunque operino le Suore dell’Apparizione, in Europa, in Asia, in Africa.
Muore a 59 anni, e già la dicono santa quelli che l’hanno conosciuta in Francia e fuori, cristiani e non cristiani. Pio XII la canonizza nel 1951.
Autore: Domenico Agasso (Famiglia Cristiana)
Emilia de Vialar, fondatrice delle Suore di San Giuseppe dell'apparizione, nacque a Gaillac, nel Tarn, il 12 settembre 1797 da una famiglia aristocratica distintasi nella magistratura. Sua madre, figlia del barone Portal, scienziato e celebre medico di Parigi, la allevò con tenerezza e religione, come i suoi due fratellini. A tredici anni fu affidata alle Dame dell'Abbaye-au-Bois, in Parigi, per completare la sua educazione.
La signora de Vialar morì nel corso del viaggio. Allorché due anni più tardi Emilia tornò a Gaillac, trovò un padre rattristato per la sua vedovanza e la casa sotto la direzione di Toinon, serva devota ma dispotica, che intendeva conservare la sua autorità. Questo dramma domestico ne nascondeva un altro: quello di un'anima combattuta fra le attrazioni mondane e gli appelli ad una vita totalmente consacrata a Dio. Nel 1816, in occasione di una missione, la Grazia trionfò. Questa giovane di diciotto anni, carina, intelligente, corteggiata, chiude definitivamente il suo cofanetto di gioielli per ubbidire alla voce interiore. "Che cosa volete da me, Signore?".
In attesa di una risposta precisa ella si dà a Cristo che soffre nei poveri, nei vecchi e negli infelici. Presto essi invadono la casa. Toinon grida. Il signor de Vialar, deluso di non aver maritato la figlia, si lascia trascinare a violente scenate. "Soffri tutto per mio amore", dice la voce interiore. Passano quindici lunghi anni. Prima di porre la pietra della fondazione, Dio la cesella lungamente. Infine nel 1832 la svolta decisiva.
Nonno Portal muore lasciando ai nipoti un'immensa fortuna. È per Emilia Ia possibilità di cominciare la sua opera, lungamente maturata. Ella acquista una grande casa e la sera di Natale, passando sopra alla dolorosa opposizione del padre (per molti anni egli rifiuterà di rivederla), col cuore spezzato, ma nella gioia di un dono totale, vi si insedia con le compagne.
Gaillac, da buona città meridionale, si riscalda, schernisce, chiacchiera, poi si calma davanti al successo manifesto. Le postulanti affluiscono.
Il vescovo di Albi, mons. de Gualy, prende sotto la sua protezione "Le Suore di s. Giuseppe delI'Apparizione". Emilia ha preso per patrono e per modello il grande umile dell'Evangelo che, sulla parola dell'angelo, credette per primo al mistero del Bambino-Dio.
I poveri, i malati, i fanciulli non bastano al suo ardore apostolico: ella ha sempre sognato le Missioni. Non è chimerico per un Istituto appena nato? Dio non lo pensa. Tre anni più tardi le vie si aprono.
Agostino de Vialar, suo fratello, che dimora in Algeria dalla conquista ed è colpito dalla miseria degli indigeni, fa appello a sua sorella a nome del console di Reggenza per aprire un ospedale a Bouffarik. Appena sbarcata, scoppia una violenta epidemia di colera e madre de Vialar e le sue figlie fanno fronte a tutto con una efficacia e una dedizione che attirano la venerazione dei musulmani sulle "marabutte bianche".
In un breve soggiorno a Gaillac, madre Emilia scrive, in ginocchio, davanti al tabernacolo, le costituzioni del suo Istituto che mons. de Gualy approva calorosamente. Ella riguadagna l'Africa, I'anima piena di vasti progetti. Il suo Istituto è giovane, ma le avventuriere del cielo contano nella Grazia, che soffia in tempesta. Le fondazioni si scaglionano: Algeri, Bona, Costantina, Tunisi... Noviziati, ospedali, asili, scuole.
Mancava a questa meravigliosa riuscita ciò che la madre de Vialar chiamava il sigillo della Croce. Il vescovo di Alieri è generoso, confusionario, autoritario; egli ha tanta stima di Emilia de Vialar che vorrebbe monopolizzare per sé il nascente Istituto. Ciò sarebbe tagliare ad esso le ali. Madre de Vialar "difende il suo diritto", dice Gregorio XVI.
Il vescovo di Algeri tormenta Parigi che ritira alle religiose l'autorizzazione a risiedere in Algeria. Nel genn. 1843 madre Emilia deve abbandonare il paese lasciandovi la maggior parte della sua fortuna. Dice alle figlie: "Non piangete, non è che una prova, Gesù ha sofferto molto di più". Chiusa l'Algeria, resta il vasto mondo. Niente arresta lo slancio della madre de Vialar. Per quindici anni ella solca il mare per impiantare le sue figlie ovunque la Prowidenza le chiami. "E' sempre lei che le chiama", diceva con la sua semplicità. In periplo intorno al Mediterraneo fonda quattro prospere case: Malta, dove la tempesta la getta come San Paolo, Cipro, Tripoli, Beiruth. Visita la Palestina del Cristo, l'Egitto della Sacra Famiglia, Aleppo ed Erzerum e, più tardi, la Birmania lontana, l'Australia degli antipodi.
Quindici anni di fatiche, di audacia, di abbandono alla Provvidenza perché tutte le fondazioni continuino sotto il segno della Croce. Dopo le persecuzioni, le rovine: a Gaillac la superiora locale, ingannata da un uomo d'affari senza scrupoli, ha accumulato dei debiti. In luogo di scusarsi abbandona la Congregazione ed ordisce processi su processi per la restituzione della sua dote. Tormentata dalle calunnie, con i creditori "come lupi divoranti", madre de Vialar è costretta a lasciare la sua città natale "ove non può più fare del bene". Tolosa è una tappa sulla via dell'esilio. Quivi mangerà il pane secco della povertà, condito di un energico sorriso. "Se io non fossi divenuta povera l'Ordine non avrebbe prosperato".
Ma quale dolore per la madre vedere le figlie nella privazione completa! Infine in Marsiglia, la terra promessa, nel 1852. La "Porta dell'Oriente" era indicatissima per diventare la sede di un Ordine missionario tenuto a conservare uno stretto contatto con le sue fondazioni. Madre de Vialar vi trovò il benevolo accoglimento del suo vescovo missionario, mons. de Mazenod, fondatore degli Oblati di Maria Immacolata. Fu un incontro provvidenziale fra due anime fatte per comprendersi. La fondatrice aveva finito il suo compito.
Morì, quasi improvvisamente, come se avesse voluto essere umile fino alla fine, il 24 agosto 1856. "La santa è morta", disse la povera gente che conosceva la sua bontà. La Chiesa ha ratificato questo giudizio popolare il 24 giugno 1951, fissandone la festa al 24 agosto.
La santità utilizza i doni della natura. Quelli di madre de Vialar erano notevoli. " Dio mi ha dato un cuore forte, nessuna prova lo può abbattere". Ella aveva tutte le qualità del capo, univa l'audacia alla prudenza, non tentava nulla di impossibile, ma pensava che la grazia di Dio allarga molto i limiti del possibile per coloro che s'abbandonano a lei.
Il suo cuore era forte come la sua intelligenza. Non si può dimenticare la grazia del suo sorriso, il calore della sua accoglienza; aveva gesti delicati che le aprivano i cuori più induriti. Sapeva che nella carità niente è piccolo. In Algeri durante il colera spese una piccola fortuna per dare ai malati quella limonata, che l'amministrazione rifiutava.
Le sue figlie, che ella mandava ai confini del mondo, restavano l'oggetto della sua sollecitudine materna. Ella raggiunse i musulmani, i giudei, i pagani che si sentivano immersi nell'irraggiamento di una vera tenerezza.
(Autore: Paola Hoesle - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Emilia de Vialar, pregate per noi.
*Beato Felice Gonzalez Tejedor - Sacerdote Salesiano, Martire (24 Agosto)
Schede dei gruppi a cui appartiene:
“Beati Martiri Spagnoli Salesiani di Madrid e Siviglia”
“Beati 498 Martiri Spagnol”i Beatificati nel 2007
“Martiri della Guerra di Spagna”
Ledesma, Spagna, 17 aprile 1888 - Madrid, Spagna, 24 agosto 1936
Félix González Tejedor nacque a Ledesma (Salamanca) il 17 aprile 1888 e fu battezzato poco dopo. Fece il Noviziato a Carabanchel Alto (Madrid), dove emise i voti il 13 settembre 1907.
Ricevette l'ordinazione sacerdotale a Campello (Alicante) il 18 luglio 1915.
Fu religioso semplice, umile, osservante, di grande zelo sacerdotale e di grande carità verso i poveri e gli ammalati.
Venne imprigionato il 20 luglio 1936 con tutta la comunità di Carabanchel Alto.
Quando riebbe la libertà continuò dai diversi rifugi a esercitare il ministero sacerdotale.
Il 24 agosto 1936 fu denunciato come sacerdote, arrestato dai miliziani e fucilato in quella medesima notte.
Beatificato il 28 ottobre 2007.
(Fonte: www.sdb.org)
Giaculatoria - Beato Felice Gonzalez Tejedor, pregate per noi.
*Beato Francesco Kesi (Franciszek Kesy) - Martire (24 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Poznan, Polonia, 13 novembre 1920 - Dresda, Germania, 24 agosto 1942
Francesco Kesi era nato a Berlino dove i suoi genitori si trovavano per motivi di lavoro. Suo padre era carpentiere, ma trasferitosi a Poznan lavorava in una centrale elettrica della città.
Francesco aveva l'intenzione di entrare tra i candidati al noviziato salesiano.
Durante l'occupazione, non potendo continuare gli studi, si impiegò in uno stabilimento industriale.
Il tempo libero lo passava all'oratorio dove in strettissima amicizia di ideali con gli altri quattro animava le associazioni e attività giovanili.
Era il terzo di cinque figli di una famiglia povera.
Di lui si ricorda che era sensibile e fragile e spesso si ammalava; ma allo stesso tempo allegro, tranquillo, simpatico, amava gli animali, ed era sempre disposto ad aiutare gli altri.
Di mattina si dirigeva verso la chiesa e quasi ogni giorno riceveva la comunione; la sera recitava il rosario.
Fu arrestato dai nazisti nel settembre 1940 con altri quattro giovani oratoriani; furono tutti decapitati a Dresda il 24 agosto 1942.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Dresda in Germania, Beati Ceslao Jóżwiak, Edoardo Kaźmierski, Francesco Kęsy, Edoardo Klinik e Iarognievo Wojciechowski, martiri, che, di origine polacca, gettati in carcere nello stesso periodo, patirono il martirio a colpi di scure.
Non solo gli ebrei sono state vittime delle persecuzioni naziste, come si sa queste imperversarono anche contro gli zingari, malati di mente, omosessuali, ecc.
In Polonia, vittima privilegita fu anche la Chiesa Cattolica, che era vista come guida del popolo molto influente, e dato che nel programma nazista vi era l’annientamento del popolo polacco come entità politica, era chiaro che bisognava colpire, prima di tutto l’Istituzione che maggiormente lo rappresentava e guidava, cioè la Chiesa.
Questa persecuzione ebbe luogo durante l’occupazione nazista dal 1939 al 1945 e provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca.
Papa Giovanni Paolo II nel corso del suo settimo viaggio apostolico in Polonia, ha beatificato il 13 giugno 1999, 108 martiri morti per la loro appartenenza alla Chiesa Cattolica, sia come consacrati, sia come laici impegnati nell’apostolato, accusati di inesistenti tradimenti, complotti, resistenze, ecc.
I 108 Beati martiri polacchi appartenevano a 18 diocesi e a 22 Congregazioni religiose; di essi 3 erano vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 suore professe, 9 laici; testimoni in vita e in morte della loro grande fede in Cristo e nella Chiesa Cattolica.
Quasi tutti deportati nei campi di concentramento, tristemente noti come Auschwitz, Dachau, Majdanek, Ravensbrück, Sachsenhausen, dove morirono uccisi dalle guardie dei campi o dalle torture inflitte. Altri morirono in varie prigioni come i cinque giovani laici, capigruppo di Associazioni giovanili salesiane, chiamati poi “i cinque di Poznan”, tutti decapitati nel carcere di Dresda, il 24 agosto 1942.
“I cinque di Poznan” sono stati chiamati così, come se fossero una persona sola, perché giovani poco più che ventenni, vissero insieme uniti nell’Oratorio Salesiano di Poznan e insieme offrirono il sacrificio della loro vita il 24 agosto del 1942, giorno dedicato al ricordo di Maria Ausiliatrice, alla cui materna protezione avevano affidato insieme la loro vita di cristiani.
I loro carnefici li vollero uniti anche nella morte e ne stroncarono la giovane vita sotto la mannaia della ghigliottina, pur essendo in cinque erano un cuor solo nell’amore per Dio e per i fratelli; all’Oratorio avevano ricevuto la stessa formazione e cominciato ad affrontare i più impegnativi ideali della loro vocazione cristiana.
Esuberanti nella loro giovinezza, uniti da una fraterna amicizia, animati dalla Grazia di Dio, portarono nelle celle buie del carcere, il sereno clima dell’Oratorio Salesiano, che era nel loro spirito.
Contro di loro vennero imbastite false accuse di aver promosso il tradimento di Stato, travolti loro malgrado dall’odio scatenato dalla guerra ed invasione nazista, furono arrestati tutti nel settembre del 1940, sottoposti a processi senza prove, erano troppo giovani ed innocenti per sapere le oscure trame dei traditori.
Ma per i nazisti la loro condanna e morte doveva essere una durissima lezione per il popolo polacco oppresso; pertanto scelsero come mezzo di esecuzione la ghigliottina, da tempo non più usata, piazzandola nel cortile della prigione del carcere di Dresda, sotto gli occhi inorriditi di tutti i prigionieri e condannati, per aumentare lo sgomento della loro pena.
Un’ora prima dell’esecuzione fu permesso loro di scrivere una lettera di commiato alla propria famiglia e queste lettere, poi raccolte e conservate, provano con quale spirito seppero morire i cinque giovani, come fossero stati dei giovani che si preparavano ad una consacrazione sacerdotale.
I loro nomi che splendono nell’albo dei Beati sono:
Czeslaw Józwiak, nato il 7 settembre 1919
Edward Klinik, nato il 21 giugno 1919
Franciszek Kesy, nato il 13 novembre 1920
Jarogniew Wojciechowski, nato il 5 novembre 1922
Edward Kazmierscki, nato il 1° ottobre 1919
Si riporta un brano dell’ultima lettera ai familiari di Czeslaw Józwiak:
“…Un momento fa mi sono confessato e fra poco prenderò la Comunione nel cuore, il sacerdote mi benedirà durante l’esecuzione. Abbiamo questa grande gioia di stare insieme prima della morte, tutti e cinque stiamo in una cella. Sono le 19,45, alle ore 20,30 me ne andrò da questo mondo. Vi prego solamente di non piangere, non disperare, non preoccuparsi. Dio ha voluto così…”.
Questo l'elenco completo dei 108 martiri:
- Adam Bargielski
- Aleksy Sobaszek
- Alfons Maria Mazurek
- Alicja Maria Jadwiga Kotowska
- Alojzy Liguda
- Anastazy Jakub Pankiewicz
- Anicet Koplinski
- Antoni Beszta-Borowski
- Antoni Julian Nowowiejski
- Antoni Leszczewicz
- Antoni Rewera
- Antoni Swiadek
- Antoni Zawistowski, sacerdote (1882-1942 KL Dachau)
- Boleslaw Strzelecki, sacerdote (1896-1941, Germania Auschwitz)
- Bronislaw Komorowski, sacerdote (1889-22.3.1940 KL Stutthof)
- Bronislaw Kostkowski, studente (1915-1942 KL Dachau)
- Brunon Zembol, religioso (1905-1922 KL Dachau)
- Czeslaw Jozwiak (1919-1942 prigione Dresden)
- Dominik Jedrzejewski, sacerdote (1886-1942 KL Dachau)
- Edward Detkens, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Edward Grzymala, sacerdote (1906-1942 KL Dachau)
- Edward Kazmierski (1919-1942 prigione in Dresden)
- Edward Klinik (1919-1942 prigione in Dresden)
- Emil Szramek, sacerdote (1887-1942 KL Dachau)
- Ewa Noiszewska, religiosa (1885-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Fidelis Chojnacki, religioso (1906-1942 KL Dachau)
- Florian Stepniak, religioso, sacerdote (1912-1942 KL Dachau)
- Franciszek Dachtera, sacerdote (1910-23.8.1942 KL Dachau)
- Franciszek Drzewiecki, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Franciszek Kesy, (1920-1942 prigione in Dresden)
- Franciszek Rogaczewski, sacerdote (1892-11.1.1940)
- Franciszek Roslaniec, sacerdote (1889-1942 KL Dachau)
- Franciszek Stryjas, padre di famiglia, (1882-31.7.1944 prigione Kalisz)
- Grzegorz Boleslaw Frackowiak, religioso (1911-1943 ucciso in Dresden)
- Henryk Hlebowicz, sacerdote (1904-1941 Borysewo)
- Henryk Kaczorowski, sacerdote (1888-1942 KL Dachau)
- Henryk Krzysztofik, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Hilary Pawel Januszewski, religioso, sacerdote (1907-1945 KL Dachau)
- Jan Antonin Bajewski, religioso, sacerdote (1915-1941 KL Auschwitz)
- Jan Nepomucen Chrzan, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jarogniew Wojciechowski (1922-1942 prigione in Dresden)
- Jerzy Kaszyra, religioso, sacerdote (1910-1943, in Rosica)
- Jozef Achilles Puchala, religioso, sacerdote (1911-1943)
- Jozef Cebula, religioso, sacerdote (1902-1941 KL Mauthausen)
- Jozef Czempiel, sacerdote (1883-1942 KL Mauthausen)
- Jozef Innocenty Guz, religioso, sacerdote (1890-1940 KL Sachsenhausen)
- Jozef Jankowski, religioso,sacerdote, (1910 -16.10.1941, Auschwitz)
- Jozef Kowalski
- Jozef Kurzawa, sacerdote (1910-1940)
- Jozef Kut, sacerdote (1905-1942 KL Dachau)
- Jozef Pawlowski, sacerdote (1890-9.1.1942 KL Dachau)
- Jozef Stanek, religioso, sacerdote (1916-23.9.1944, morto a seguito delle torture in Varsavia)
- Jozef Straszewski, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jozef Zaplata, religioso (1904-1945 KL Dachau)
- Julia Rodzinska, religiosa (1899-20.2.1945 Stutthof)
- Karol Herman Stepien, religioso, sacerdote (1910-1943)
- Katarzyna Celestyna Faron, religiosa (1913-1944 KL Auschwitz)
- Kazimierz Gostynski, sacerdote (1884-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Grelewski, sacerdote (1907-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Sykulski, sacerdote (1882-1942 KL Auschwitz)
- Krystyn Gondek, religioso, sacerdote (1909-1942)
- Leon Nowakowski, sacerdote (1913-1939)
- Leon Wetmanski, (1886-1941, Dzialdowo), vescovo
- Ludwik Gietyngier
- Ludwik Mzyk, religioso, sacerdote (1905-1940)
- Ludwik Pius Bartosik, religioso, sacerdote (1909-1941 KL Auschwitz)
- Maksymilian Binkiewicz, sacerdote (1913-24.7.1942, Dachau)
- Marcin Oprzadek, religioso (1884-1942 KL Dachau)
- Maria Antonina Kratochwil, religiosa (1881-1942)
- Maria Klemensa Staszewska, religiosa (1890-1943 KL Auschwitz)
- Marian Gorecki, sacerdote (1903-22.3.1940 KL Stutthof)
- Marian Konopinski, sacerdote (1907-1.1.1943 KL Dachau)
- Marian Skrzypczak, sacerdote (1909-1939 in Plonkowo)
- Marianna Biernacka, (1888-1943),
- Marta Wolowska, religiosa (1879-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Michal Czartoryski, religioso, sacerdote (1897-1944)
- Michal Ozieblowski, sacerdote (1900-1942 KL Dachau)
- Michal Piaszczynski, sacerdote (1885-1940 KL Sachsenhausen)
- Michal Wozniak, sacerdote (1875-1942 KL Dachau)
- Mieczyslaw Bohatkiewicz, sacerdote (1904-4.3.1942 shot in Berezwecz)
- Mieczyslawa Kowalska, religiosa (1902-1941 KL Dzialdowo)
- Narcyz Putz, sacerdote (1877-1942 KL Dachau)
- Narcyz Turchan, religioso, sacerdote (1879-1942 KL Dachau)
- Natalia Tulasiewicz (1906-31.3.1945 Ravensbrück)
- Piotr Bonifacy Z~~ukowski, religioso (1913-1942 KL Auschwitz)
- Piotr Edward Dankowski, sacerdote (1908-3.4.1942 KL Auschwitz)
- Roman Archutowski, sacerdote (1882-1943 KL Majdanek)
- Roman Sitko, sacerdote (1880-1942 KL Auschwitz)
- Stanislaw Kubista, religioso, sacerdote (1898-1940 KL Sachsenhausen)
- Stanislaw Kubski, religioso, sacerdote (1876-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Mysakowski, sacerdote (1896-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Pyrtek, sacerdote (1913-4.3.1942 Berezwecz)
- Stanislaw Starowieyski, padre di famiglia (1895-13.4.1940/1 KL Dachau)
- Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, religioso (1908-1942 KL Auschwitz)
- Stefan Grelewski, sacerdote (1899-1941 KL Dachau)
- Symforian Ducki, religioso (1888-1942 KL Auschwiitz)
- Tadeusz Dulny, seminarita (1914-1942 KL Dachau)
- Wincenty Matuszewski, sacerdote (1869-1940)
- Wladyslaw Bladzinski, religioso, sacerdote (1908-1944)
- Wladyslaw Demski, sacerdote (1884-28.5.1940, Sachsenhausen)
- Wladyslaw Goral, (1898-1945 KL Sachsenhausen), vescovo
- Wladyslaw Mackowiak, sacerdote (1910-4.3.1942 Berezwecz)
- Wladyslaw Maczkowski, sacerdote (1911-20.8.1942 KL Dachau)
- Wladyslaw Miegon, sacerdote, (1892-1942 KL Dachau)
- Wlodzimierz Laskowski, sacerdote (1886-1940 KL Gusen)
- Wojciech Nierychlewski, religioso, sacerdote (1903-1942 KL Auschwitz)
- Zygmunt Pisarski, sacerdote (1902-1943)
- Zygmunt Sajna, sacerdote (1897-1940 Palmiry)
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Francesco Kesi, pregate per noi.
*San Giorgio il Limniota - Monaco (24 Agosto)
Martirologio Romano: Sul monte Olimpo in Bitinia, nell’odierna Turchia, San Giorgio Limniota, monaco, che deplorò l’empietà dell’imperatore Leone III per aver distrutto le sacre immagini e bruciato le reliquie dei santi e per questo, mutilato per suo ordine del naso e con il capo dato alle fiamme, salì martire al Signore.
Non si ha di lui che una breve notizia che gli consacrano i sinassari bizantini. Egli andò giovanissimo al Monte Olimpo di Bitinia per farsi monaco, ma si ignora in quale monastero.
Sotto Leone III l'Isaurico (717-740), fu crudelmente perseguitato per la sua fedeltà al culto delle immagini e delle reliquie.
Fu costretto probabilmente a comparire davanti all'imperatore, perché la notizia riferita dai sinassari dice che egli gli rinfacciò la sua empietà.
Giorgio era allora in un'età molto avanzata, si crede novantacinque anni, nondimeno ebbe il naso tagliato e la testa bruciata.
Era un 24 agosto, giorno in cui si celebra la sua festa.
(Autore: Raymond Janin - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Giorgio il Limniota, pregate per noi.
*Santa Giovanna Antida Thouret - Vergine (24 Agosto)
Besancon, Francia, 27 novembre 1765 - 24 agosto 1826
Nasce a Sancey-le-Long in Francia il 27 novembre del 1765. Di famiglia povera, dedita al lavoro nei campi, Giovanna a sedici anni rimane orfana della mamma.
Fin da giovane la Santa dimostra una forte devozione alla Vergine e, malgrado la contrarietà del padre, riesce ad entrare nel convento delle Figlie della Carità a Parigi.
In seguito allo scoppio della Rivoluzione francese l'ordine viene sciolto con la forza. Giovanna trova rifugio a Besançon, dove successivamente fonda la Congregazione delle suore della Carità.
La sua opera si allarga arrivando fino a Napoli, città in cui Giovanna assume la direzione di un grande ospedale.
In Francia invece è ostacolata dall'arcivescovo di Besançon che si rifiuta di approvare l'ordine da lei fondato, nonostante il riconoscimento pontificio. Giovanna non si abbatte e continua nella suo impegno di carità, formazione e lavoro apostolico.
Colpita da emorragia cerebrale, muore la sera del 24 agosto del 1826. È proclamata Santa da Pio XI nel 1934. (Avvenire)
Etimologia: Giovanna = il Signore è benefico, dono del Signore, dall'ebraico
Emblema: Giglio
Martirologio Romano: A Napoli, Santa Giovanna Antida Thouret, vergine, che proseguì la vita religiosa, interrotta durante la rivoluzione francese, insieme ad alcune compagne, che a Besançon aggregò a sé nella nuova Congregazione delle Suore della Carità per dedicarsi alla formazione cristiana e civile dei giovani e alla carità verso i bambini abbandonati, i poveri e i malati, finendo poi i suoi giorni stremata da grandi tribolazioni.
Nacque presso Besanzone in Francia il 27 novembre del 1765. Di povera famiglia era dedita alla vita faticosa dei campi. La piccola Giovanna, debole e tutt’altro che bella, sembrava destinata a una breve vita piena di sofferenze. Era di animo delicatissimo, di singolare gentilezza, sempre improntata a una dolce melanconia.
A 16 anni rimase orfana della mamma, e fu tanto il suo dolore che sembrava doverla seguire nella tomba. Ma la sua tenera devozione alla Madonna la consolò e salvò. La fanciullezza e la giovinezza di Giovanna furono impiegate assiduamente nelle cure domestiche e nei lavori di campagna. Dopo la morte della mamma ne aveva prese le veci. Nonostante la sua giovane età e la debolezza di salute ogni forza le veniva dalla preghiera e dai Sacramenti.
Sentendosi chiamata allo stato religioso, dopo ripetute preghiere e lacrime per vincere l’opposizione del padre, che tanto l’amava, poté entrare nel convento delle Figlie della Carità (Vincenzine) in Parigi. Aveva 22 anni. In breve si ammalò, e temendo di essere rimandata a casa, pregò tanto la Madonna che ottenne sicura guarigione. Fatta novizia non cessarono per lei le lusinghe di persone del mondo per ritrarla dalla via intrapresa, ma Giovanna resistette.
Allo scoppio della rivoluzione francese, la povera suora, a 28 anni, si trovò ricacciata nel mondo e lontana dalla casa paterna. Si pose in cammino e dopo lungo viaggio giunse presso i parenti dove sfidando i pericoli della rivoluzione si diede alla cura di ragazzine e di infermi. Seguì l’abate Receveur a Friburgo e poi in Germania, ma dopo pochi mesi ritornava in Svizzera in abito di povera donna.
Nel 1797 si portò a Besanzone dove aprì una scuola per le giovani, senza mai lasciare la cura degli infermi. Ma i rivoluzionari che l’avevano minacciata la morte, la relegarono per un anno presso una povera donna.
Nel 1799 rientrò in Besanzone, aprì un’altra scuola con farmacia, che formò il primo nucleo delle suore della Carità. Ben presto le compagne e discepole di Giovanna Antida aumentarono e la nuova congregazione si estese in Francia, Svizzera, Savoia e a Napoli.
Ma una dolorosa prova venne ad amareggiare la fondatrice. Le comunità di Besanzone e limitrofe non volendo accettare la disposizione pontificia che stabiliva ogni comunità sotto la giurisdizione del vescovo del proprio territorio, rifiutarono di accogliere la loro Madre e Fondatrice recatasi là per pacificarle.
Ella si trattenne per due anni a Parigi poi ritornò, ma di nuovo fu rigettata. Addolorata solo per l’ostinata opposizione al decreto del Santo Padre, si ritirò umilmente in disparte lasciando che in tutto si compisse la volontà di Dio.
A Napoli passò l’ultima parte della sua vita esplicando una grande attività a incremento della sua congregazione.
Il 24 agosto 1826 spirava col sorriso sulle labbra, benedicendo le figlie che la circondavano.
Fu canonizzata da Pio XI nel 1934.
(Autore: Antonio Galuzzi - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Giovanna Antida Thouret, pregate per noi.
*Beato Jarogniew Wojciechowski - Martire (24 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Poznan, Polonia, 5 novembre 1922 – Dresda, Germania, 24 agosto 1942
Jarogniew Wojciechowski proveniva da Poznan. Il padre gestiva un negozio di cosmetici. La vita di famiglia fu segnata a lungo da situazioni traumatiche a causa dell'alcolismo del padre che finì per abbandonare la famiglia. Jarogniew fu costretto a cambiare scuola e rimase sotto la cura di sua sorella maggiore.
In tale situazione trovò appoggio nell'oratorio salesiano, alle cui attività partecipava con entusiasmo.
Di lui le testimonianze ricordano che faceva il chierichetto dai salesiani, partecipava alle gite e alle colonie, suonava canti religiosi al pianoforte, partecipava alla vita religiosa della famiglia, ogni giorno riceveva la comunione e come gli altri compagni del gruppo si distingueva per la fraternità, il buon umore e l'impegno nelle attività, nei doveri e nella testimonianza.
Egli spiccava tra gli altri perché appariva piuttosto meditativo, tendeva ad approfondire la visione delle cose, cercava di capire gli avvenimenti, senza però cadere nella malinconia; era un dirigente nel miglior significato di questa parola.
Fu arrestato dai nazisti nel settembre 1940 con altri quattro giovani oratoriani; furono tutti decapitati a Dresda il 24 agosto 1942.
Emblema: Palma
Martirologio Romano: A Dresda in Germania, Beati Ceslao Jóżwiak, Edoardo Kaźmierski, Francesco Kęsy, Edoardo Klinik e Iarognievo Wojciechowski, martiri, che, di origine polacca, gettati in carcere nello stesso periodo, patirono il martirio a colpi di scure.
Non solo gli ebrei sono state vittime delle persecuzioni naziste, come si sa queste imperversarono anche contro gli zingari, malati di mente, omosessuali, ecc.
In Polonia, vittima privilegita fu anche la Chiesa Cattolica, che era vista come guida del popolo molto influente, e dato che nel programma nazista vi era l’annientamento del popolo polacco come entità politica, era chiaro che bisognava colpire, prima di tutto l’Istituzione che maggiormente lo rappresentava e guidava, cioè la Chiesa.
Questa persecuzione ebbe luogo durante l’occupazione nazista dal 1939 al 1945 e provocò più di cinque milioni di vittime tra la popolazione civile polacca.
Papa Giovanni Paolo II nel corso del suo settimo viaggio apostolico in Polonia, ha beatificato il 13 giugno 1999, 108 martiri morti per la loro appartenenza alla Chiesa Cattolica, sia come consacrati, sia come laici impegnati nell’apostolato, accusati di inesistenti tradimenti, complotti, resistenze, ecc.
I 108 Beati martiri polacchi appartenevano a 18 diocesi e a 22 Congregazioni religiose; di essi 3 erano vescovi, 52 sacerdoti diocesani, 3 seminaristi, 26 sacerdoti religiosi, 7 fratelli professi, 8 suore professe, 9 laici; testimoni in vita e in morte della loro grande fede in Cristo e nella Chiesa Cattolica.
Quasi tutti deportati nei campi di concentramento, tristemente noti come Auschwitz, Dachau, Majdanek, Ravensbrück, Sachsenhausen, dove morirono uccisi dalle guardie dei campi o dalle torture inflitte. Altri morirono in varie prigioni come i cinque giovani laici, capigruppo di Associazioni giovanili salesiane, chiamati poi “i cinque di Poznan”, tutti decapitati nel carcere di Dresda, il 24 agosto 1942.
“I cinque di Poznan” sono stati chiamati così, come se fossero una persona sola, perché giovani poco più che ventenni, vissero insieme uniti nell’Oratorio Salesiano di Poznan e insieme offrirono il sacrificio della loro vita il 24 agosto del 1942, giorno dedicato al ricordo di Maria Ausiliatrice, alla cui materna protezione avevano affidato insieme la loro vita di cristiani.
I loro carnefici li vollero uniti anche nella morte e ne stroncarono la giovane vita sotto la mannaia della ghigliottina, pur essendo in cinque erano un cuor solo nell’amore per Dio e per i fratelli; all’Oratorio avevano ricevuto la stessa formazione e cominciato ad affrontare i più impegnativi ideali della loro vocazione cristiana.
Esuberanti nella loro giovinezza, uniti da una fraterna amicizia, animati dalla Grazia di Dio, portarono nelle celle buie del carcere, il sereno clima dell’Oratorio Salesiano, che era nel loro spirito.
Contro di loro vennero imbastite false accuse di aver promosso il tradimento di Stato, travolti loro malgrado dall’odio scatenato dalla guerra ed invasione nazista, furono arrestati tutti nel settembre del 1940, sottoposti a processi senza prove, erano troppo giovani ed innocenti per sapere le oscure trame dei traditori.
Ma per i nazisti la loro condanna e morte doveva essere una durissima lezione per il popolo polacco oppresso; pertanto scelsero come mezzo di esecuzione la ghigliottina, da tempo non più usata, piazzandola nel cortile della prigione del carcere di Dresda, sotto gli occhi inorriditi di tutti i prigionieri e condannati, per aumentare lo sgomento della loro pena.
Un’ora prima dell’esecuzione fu permesso loro di scrivere una lettera di commiato alla propria famiglia e queste lettere, poi raccolte e conservate, provano con quale spirito seppero morire i cinque giovani, come fossero stati dei giovani che si preparavano ad una consacrazione sacerdotale.
I loro nomi che splendono nell’albo dei Beati sono:
Czeslaw Józwiak, nato il 7 settembre 1919
Edward Klinik, nato il 21 giugno 1919
Franciszek Kesy, nato il 13 novembre 1920
Jarogniew Wojciechowski, nato il 5 novembre 1922
Edward Kazmierscki, nato il 1° ottobre 1919
Si riporta un brano dell’ultima lettera ai familiari di Czeslaw Józwiak:
“…Un momento fa mi sono confessato e fra poco prenderò la Comunione nel cuore, il sacerdote mi benedirà durante l’esecuzione. Abbiamo questa grande gioia di stare insieme prima della morte, tutti e cinque stiamo in una cella. Sono le 19,45, alle ore 20,30 me ne andrò da questo mondo. Vi prego solamente di non piangere, non disperare, non preoccuparsi. Dio ha voluto così…”.
Questo l'elenco completo dei 108 martiri:
- Adam Bargielski
- Aleksy Sobaszek
- Alfons Maria Mazurek
- Alicja Maria Jadwiga Kotowska
- Alojzy Liguda
- Anastazy Jakub Pankiewicz
- Anicet Koplinski
- Antoni Beszta-Borowski
- Antoni Julian Nowowiejski
- Antoni Leszczewicz
- Antoni Rewera
- Antoni Swiadek
- Antoni Zawistowski, sacerdote (1882-1942 KL Dachau)
- Boleslaw Strzelecki, sacerdote (1896-1941, Germania Auschwitz)
- Bronislaw Komorowski, sacerdote (1889-22.3.1940 KL Stutthof)
- Bronislaw Kostkowski, studente (1915-1942 KL Dachau)
- Brunon Zembol, religioso (1905-1922 KL Dachau)
- Czeslaw Jozwiak (1919-1942 prigione Dresden)
- Dominik Jedrzejewski, sacerdote (1886-1942 KL Dachau)
- Edward Detkens, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Edward Grzymala, sacerdote (1906-1942 KL Dachau)
- Edward Kazmierski (1919-1942 prigione in Dresden)
- Edward Klinik (1919-1942 prigione in Dresden)
- Emil Szramek, sacerdote (1887-1942 KL Dachau)
- Ewa Noiszewska, religiosa (1885-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Fidelis Chojnacki, religioso (1906-1942 KL Dachau)
- Florian Stepniak, religioso, sacerdote (1912-1942 KL Dachau)
- Franciszek Dachtera, sacerdote (1910-23.8.1942 KL Dachau)
- Franciszek Drzewiecki, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Franciszek Kesy, (1920-1942 prigione in Dresden)
- Franciszek Rogaczewski, sacerdote (1892-11.1.1940)
- Franciszek Roslaniec, sacerdote (1889-1942 KL Dachau)
- Franciszek Stryjas, padre di famiglia, (1882-31.7.1944 prigione Kalisz)
- Grzegorz Boleslaw Frackowiak, religioso (1911-1943 ucciso in Dresden)
- Henryk Hlebowicz, sacerdote (1904-1941 Borysewo)
- Henryk Kaczorowski, sacerdote (1888-1942 KL Dachau)
- Henryk Krzysztofik, religioso, sacerdote (1908-1942 KL Dachau)
- Hilary Pawel Januszewski, religioso, sacerdote (1907-1945 KL Dachau)
- Jan Antonin Bajewski, religioso, sacerdote (1915-1941 KL Auschwitz)
- Jan Nepomucen Chrzan, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jarogniew Wojciechowski (1922-1942 prigione in Dresden)
- Jerzy Kaszyra, religioso, sacerdote (1910-1943, in Rosica)
- Jozef Achilles Puchala, religioso, sacerdote (1911-1943)
- Jozef Cebula, religioso, sacerdote (1902-1941 KL Mauthausen)
- Jozef Czempiel, sacerdote (1883-1942 KL Mauthausen)
- Jozef Innocenty Guz, religioso, sacerdote (1890-1940 KL Sachsenhausen)
- Jozef Jankowski, religioso,sacerdote, (1910 -16.10.1941, Auschwitz)
- Jozef Kowalski
- Jozef Kurzawa, sacerdote (1910-1940)
- Jozef Kut, sacerdote (1905-1942 KL Dachau)
- Jozef Pawlowski, sacerdote (1890-9.1.1942 KL Dachau)
- Jozef Stanek, religioso, sacerdote (1916-23.9.1944, morto a seguito delle torture in Varsavia)
- Jozef Straszewski, sacerdote (1885-1942 KL Dachau)
- Jozef Zaplata, religioso (1904-1945 KL Dachau)
- Julia Rodzinska, religiosa (1899-20.2.1945 Stutthof)
- Karol Herman Stepien, religioso, sacerdote (1910-1943)
- Katarzyna Celestyna Faron, religiosa (1913-1944 KL Auschwitz)
- Kazimierz Gostynski, sacerdote (1884-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Grelewski, sacerdote (1907-1942 KL Dachau)
- Kazimierz Sykulski, sacerdote (1882-1942 KL Auschwitz)
- Krystyn Gondek, religioso, sacerdote (1909-1942)
- Leon Nowakowski, sacerdote (1913-1939)
- Leon Wetmanski, (1886-1941, Dzialdowo), vescovo
- Ludwik Gietyngier
- Ludwik Mzyk, religioso, sacerdote (1905-1940)
- Ludwik Pius Bartosik, religioso, sacerdote (1909-1941 KL Auschwitz)
- Maksymilian Binkiewicz, sacerdote (1913-24.7.1942, Dachau)
- Marcin Oprzadek, religioso (1884-1942 KL Dachau)
- Maria Antonina Kratochwil, religiosa (1881-1942)
- Maria Klemensa Staszewska, religiosa (1890-1943 KL Auschwitz)
- Marian Gorecki, sacerdote (1903-22.3.1940 KL Stutthof)
- Marian Konopinski, sacerdote (1907-1.1.1943 KL Dachau)
- Marian Skrzypczak, sacerdote (1909-1939 in Plonkowo)
- Marianna Biernacka, (1888-1943),
- Marta Wolowska, religiosa (1879-1942, Góra Pietrelewicka in Slonim)
- Michal Czartoryski, religioso, sacerdote (1897-1944)
- Michal Ozieblowski, sacerdote (1900-1942 KL Dachau)
- Michal Piaszczynski, sacerdote (1885-1940 KL Sachsenhausen)
- Michal Wozniak, sacerdote (1875-1942 KL Dachau)
- Mieczyslaw Bohatkiewicz, sacerdote (1904-4.3.1942 shot in Berezwecz)
- Mieczyslawa Kowalska, religiosa (1902-1941 KL Dzialdowo)
- Narcyz Putz, sacerdote (1877-1942 KL Dachau)
- Narcyz Turchan, religioso, sacerdote (1879-1942 KL Dachau)
- Natalia Tulasiewicz (1906-31.3.1945 Ravensbrück)
- Piotr Bonifacy Z~~ukowski, religioso (1913-1942 KL Auschwitz)
- Piotr Edward Dankowski, sacerdote (1908-3.4.1942 KL Auschwitz)
- Roman Archutowski, sacerdote (1882-1943 KL Majdanek)
- Roman Sitko, sacerdote (1880-1942 KL Auschwitz)
- Stanislaw Kubista, religioso, sacerdote (1898-1940 KL Sachsenhausen)
- Stanislaw Kubski, religioso, sacerdote (1876-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Mysakowski, sacerdote (1896-1942 KL Dachau)
- Stanislaw Pyrtek, sacerdote (1913-4.3.1942 Berezwecz)
- Stanislaw Starowieyski, padre di famiglia (1895-13.4.1940/1 KL Dachau)
- Stanislaw Tymoteusz Trojanowski, religioso (1908-1942 KL Auschwitz)
- Stefan Grelewski, sacerdote (1899-1941 KL Dachau)
- Symforian Ducki, religioso (1888-1942 KL Auschwiitz)
- Tadeusz Dulny, seminarita (1914-1942 KL Dachau)
- Wincenty Matuszewski, sacerdote (1869-1940)
- Wladyslaw Bladzinski, religioso, sacerdote (1908-1944)
- Wladyslaw Demski, sacerdote (1884-28.5.1940, Sachsenhausen)
- Wladyslaw Goral, (1898-1945 KL Sachsenhausen), vescovo
- Wladyslaw Mackowiak, sacerdote (1910-4.3.1942 Berezwecz)
- Wladyslaw Maczkowski, sacerdote (1911-20.8.1942 KL Dachau)
- Wladyslaw Miegon, sacerdote, (1892-1942 KL Dachau)
- Wlodzimierz Laskowski, sacerdote (1886-1940 KL Gusen)
- Wojciech Nierychlewski, religioso, sacerdote (1903-1942 KL Auschwitz)
- Zygmunt Pisarski, sacerdote (1902-1943)
- Zygmunt Sajna, sacerdote (1897-1940 Palmiry)
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Jarogniew Wojciechowski, pregate per noi.
*Beata Maria Encarnaciòn Rosal - Fondatrice (24 Agosto)
Quezaltenango, Guatemala, 26 ottobre 1820 - Tulcán, Ecuador, 24 agosto 1886
Martirologio Romano: A Tulcán in Ecuador, beata Maria dell’Incarnazione (Maria Vincenza) Rosal, vergine, che istituì le Suore Betlemite, soprattutto per rivendicare la dignità delle donne e formare cristianamente le ragazze.
La sua vita è stata strettamente collegata a quella di San Pedro de Betancur, il San Francesco del Guatemala, stranamente i periodi della loro vita sono distanti, il XVII secolo per ‘Fratel Pedro’ fondatore dei Betlemiti, il XIX secolo per Madre Rosal la riformatrice o meglio la rifondatrice delle Suore Betlemite.
È stata per la Congregazione, sia pure con 200 anni di distanza, quello che furono tante cofondatrici contemporanee, per i fondatori di Istituti religiosi, cui erano affiancate.
Nacque il 26 ottobre 1820 a Quezaltenango in Guatemala e battezzata con il nome di Vincenza Rosal; nel giorno della prima comunione si consacrò a Dio, sentendosi attratta dalla continua presenza di Cristo Eucaristia nel Tabernacolo; tutta la sua vita fu spiccatamente eucaristica.
Pur presa dalle frivolezze tipiche delle fanciulle, seppe a 15 anni, rispondere senza esitazione alla vocazione per la vita religiosa, che coltivò assiduamente, finché a 18 anni entrò fra le suore Betlemite in Città del Guatemala, istituzione iniziata nel 1668 da Fra’ Rodrigo de La Cruz, successore e continuatore dell’opera di Fratel Pedro de Betancur, oggi santo veneratissimo nel Guatemala e che da due secoli erano sotto la giurisdizione dei Padri Betlemiti.
Entrata nel Beaterio si rende conto che la spinta fervorosa iniziale dell’Istituzione si è affievolita, anche se in quel luogo sacro esistono la ruota, le grate, i veli, non si vive in raccoglimento, né le educande di cui le suore avevano il compito di istruire, sono convenientemente separate dalle monache.
Fa il confronto con il ‘Convento di S. Catalina’ un angolo di pace e raccoglimento, che aveva visitato prima di entrare nel Beaterio, sente un’attrazione per la vita del S. Catalina e tentenna se restare in Betlem; prende a studiare la storia dell’Ordine e i principi ispiratori di Fratel Pedro, consigliata dal suo confessore entra nel noviziato e il 16 luglio 1838, ne veste l’abito cambiando il nome di Vincenza in quello di Maria dell’Incarnazione.
Il 26 gennaio 1840 emette i voti solenni di “castità, povertà, clausura e ospitalità per i poveri”, viene investita nei due anni successivi da crisi spirituale, si dibatte fra il fervore e il languore dello spirito, si sente debilitata fisicamente, si sente debole di fronte alle Regole; presa da timore, d’accordo con la priora e con il confessore, nel luglio 1842 passa al ‘Convento di Santa Catalina’.
Ancora una volta sperimenta la differenza di clima e fervore delle due Istituzioni, ma lei pur vivendo la pace ritrovata, desidera che questi aspetti positivi e benefici siano applicati anche in Betlem e con le decisioni di una donna forte e convinta ritorna nel Beaterio accolta con gioia dalle consorelle.
Nel 1849 viene eletta Vicaria con la direzione del noviziato, compito delicatissimo per la formazione delle nuove suore; le benemerenze acquistate, fanno sì che nel 1855 venga eletta superiora.
L’avveduta direzione del convento, i consigli dei suoi confessori domenicani e gesuiti, le fanno capire il bisogno di elaborare delle Costituzioni perché la Comunità si regge su regole dei Padri Betlemiti; con il permesso del vescovo, prende a scriverle, pur tra il rifiuto delle consorelle più anziane; man mano esse vengono applicate prima a Quezaltenango, culla della Riforma e poi a Cartago.
Diventa ogni giorno più appassionata dell’umanità di Cristo, contemplandolo in quei momenti della Passione che più colpiscono e commuovono, la preghiera nel Getsemani costituisce il punto centrale della sua contemplazione dei Dolori Intimi del suo amato Signore. Promuove nella Chiesa una devozione e un culto speciale ai Dolori Intimi del Suo Cuore.
In campo sociale sfida coraggiosamente le richieste e le esigenze dei governi radicali, che prima in Guatemala e poi in Costa Rica erano intenti a perseguitare la Chiesa che lei ama e serve da figlia fedele; viene espulsa da questi due Stati e si sposta in Colombia con le sue suore, dove dopo un pellegrinaggio attraverso mari e terre, fatiche, incomprensioni, attese, trova quella stabilità che lei presagisce definitiva, in una terra di benedizioni e di promesse future.
È per le suore “la madre di tutti i giorni”, quella che si alza quando è ancora notte, quella che governa senza comandare, consiglia senza stancare; prega molto e scrive cose ‘tenere, semplici, belle’. Sollecitata dal vescovo di Ibarra, sceglie e prepara un gruppo di suore che devono recarsi in Ecuador, per la fondazione di un Beaterio.
Il 10 agosto 1886 partono e madre Maria Encarnación decide di accompagnarle, perché vuole conoscere il luogo e le condizioni in cui opereranno. Durante il viaggio subisce un incidente che le arreca molta sofferenza, ma lei prosegue, raggiungendo il Santuario de Las Lajas, dedicato alla Vergine del Rosario, ove chiede la grazia di morire in un atto di amore a Dio.
Con difficoltà la trasportano a Tulcán (Ecuador) dove alle cinque del mattino del 24 agosto 1886, la sua anima lascia questa terra per ricongiungersi a Dio. Anni dopo il suo corpo fu poi traslato incorrotto a Pasto, dove tuttora riposa; nel 1920 fu aperto il primo processo canonico per la sua beatificazione.
In seguito ad un miracolo avvenuto per sua intercessione nel 1975 in Colombia, su un grave ammalato curato in un ospedale dove operavano le suore Betlemite, il Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata Beata il 4 maggio 1997 in Piazza S. Pietro a Roma.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Maria Encarnaciòn Rosal, pregate per noi.
*Santa Maria Michela del SS. Sacramento - Fondatrice (24 Agosto)
Madrid, 1° gennaio 1809 - Valencia, 24 agosto 1865
Martirologio Romano: A Valencia in Spagna, santa Maria Michela del Santissimo Sacramento Desmaisières, vergine e fondatrice della Congregazione delle Ancelle del Santissimo Sacramento e della Carità, che, mossa da un grande amore e dal desiderio di guadagnare anime a Dio, dedicò la propria vita al riscatto delle ragazze moralmente traviate e delle prostitute.
Micaela Desmaisières nacque a Madrid il 1° gennaio 1809 da nobile famiglia di conti e duchi, le fu riservato il titolo di viscontessa Jorbalán cedutale dal fratello Diego.
Pur trascorrendo l’infanzia e la gioventù nel gran mondo a cui apparteneva, dedicò parte del suo tempo alle opere caritatevoli di cui avvertiva una grande attrazione; si rivelò in lei una indole artistica, infatti dipingeva e suonava l’arpa, ci sono rimasti di lei parecchi dipinti e miniature di soggetti religiosi.
Nell’epidemia di colera che nel 1834, colpì Guadalajara fu in prima posizione a portare soccorso ai colpiti, eccelso esempio di una nobiltà di animo, sia di nome che di fatto.
Visitando assiduamente i ricoverati dell’ospedale di S. Giovanni di Dio a Madrid, conobbe nel 1884 una giovane ammalata, che succube delle disgrazie che l’avevano colpita, si era data alla malavita, Micaela riuscì a convincerla a ritornare in famiglia; da questo episodio sorse in lei l’idea di fondare dei collegi per aiutare queste ragazze, vittime della miseria e dell’ignoranza e che spesso si perdevano.
L’Istituto fu fondato a Madrid il 21 aprile 1845 ed affidato ad un comitato di sette volenterose signore. Dopo un corso di esercizi spirituali, fatti nell’aprile 1847 sotto la direzione del gesuita Eduardo José Rodriguez, che diventerà poi suo direttore spirituale fino alla morte, Micaela si avvia ad un arduo ed intenso lavoro ascetico, che la porterà il 23 maggio dello stesso anno, nella festa di Pentecoste, a ricevere una grazia spirituale, che darà inizio alla sua vita spiccatamente mistica e carismatica, incentrata nell’Eucaristia e proiettata verso gli altri.
La certezza della presenza reale di Cristo, generò in lei una fiducia e un abbandono in Lui che le avrebbe dato tutto ciò che aveva bisogno la sua anima e la sua opera. E Dio la dotò di grazie carismatiche, profezie e discernimento delle anime, mentre il suo sforzo ascetico sarà diretto soprattutto alla bontà, all’umiltà e all’obbedienza; dopo la sua consacrazione a Dio, prenderà il nome di Maria Michela del SS. Sacramento.
Svolse negli anni 1847-48, in Francia e in Belgio, dove risiedeva insieme al fratello ambasciatore, tutta una intensa opera apostolica e caritativa, estendendo, insieme al padre de la Bouillerie, il culto eucaristico a Parigi, altrettanto fece a Bruxelles.
Cercò di entrare a Parigi nella Congregazione delle Sorelle della Carità, ma per l’opposizione della famiglia e dei confessori, dovette rinunciare all’idea, mentre proseguiva la sua vita fatta di lunga preghiera e penitenze. Ritornata in Spagna a Madrid, trovò il suo Collegio in precarie condizioni, quindi ne riprese la conduzione e dopo aver tentato di affidarlo a suore straniere, decise dopo aver intuita la volontà di Dio, di rimanere lì, lasciando il mondo fino allora frequentato.
Seguirono anni di duri sacrifici, consumò la sua fortuna nel sostegno del Collegio, andando a chiedere perfino l’elemosina, incontrò una dura ostilità alla sua opera, fu calunniata, diffamata, minacciata, tentarono più volte di ucciderla e incendiare il collegio; fu lasciata sola anche dagli ecclesiastici che ritenevano inutile il suo lavoro, le maestre laiche che l’aiutavano, scoraggiate la lasciarono.
Nel 1857 al padre Rodriguez che era morto, subentrò nella direzione spirituale s. Antonio Maria Claret, nel contempo l’Opera cominciava a dare i suoi frutti e alla fondatrice cominciarono ad affiancarsi le prime compagne, così diede origine al nuovo Istituto delle Adoratrici Ancelle del SS. Sacramento e della Carità, approvato dal cardinale di Toledo il 25 aprile 1858 e nominata due giorni dopo superiora generale, l’approvazione finale pontificia arrivò il 24 novembre 1866.
Gli scopi della Congregazione sono indicati nelle costituzioni compilate da madre Maria Michela: 1) l’adorazione continua del SS. Sacramento; 2) trattare con benevolenza e vera carità le ragazze orfane o disgraziate che vorranno abbandonare la vita di corruzione e scandalo a cui si erano date, dando loro l’istruzione e l’educazione necessaria.
La fondatrice per la sua appartenenza alla nobiltà, non fu dimenticata dalla Corte spagnola, anzi la regina Isabella II la richiamò presso di sé e l’incontro di queste due donne fu benefico per le attività religiose e sociali, che si moltiplicarono anche in altri rami.
Nel 1865 il colera tornò a colpire la Spagna in particolare Valencia dove c’era un Collegio, la madre fondatrice accorse ancora una volta in prima linea, a soccorrere le sue figlie contagiate e questa volta anche lei fu colpita dal morbo, morendo il 24 agosto dello stesso 1865; fu sepolta nella stessa città di Valencia.
Alla sua morte l’Istituto si andava diffondendo e già sette Collegi erano funzionanti, mentre altri erano in progetto. Ha lasciato una gran quantità di scritti, regole, epistole, relazioni di viaggi, autobiografia, note intime spirituali di esercizi e ritiri, testamento, ecc.
Nel 1889 fu iniziato il processo di beatificazione nella curia di Valencia, nel 1891 le sue spoglie furono trasferite dal cimitero alla Casa della Congregazione della città e collocate in un artistico sarcofago, i miracoli necessari furono approvati nel 1925 e il 7 giugno 1925 Pio XI la proclamò Beata, lo stesso pontefice la canonizzò il 4 marzo 1934. La festa liturgica è al 25 agosto.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Maria Michela del SS. Sacramento, pregate per noi.
*Beato Massimiliano (Maksymilian) Binkiewicz - Sacerdote e Martire (24 Agosto)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati 108 Martiri Polacchi”
Zarnowiec, Polonia, 21 febbraio 1908 – Dachau, Germania, 24 agosto 1942
Il Beato Maksymilian Binkiewicz, sacerdote diocesano polacco, nacque a Zarnowiec (Olkusz) il 21 febbraio 1908 e morì a Dachau, Germania, il 24 agosto 1942. Fu beatificato da Giovanni Paolo II a Varsavia (Polonia) il 13 giugno 1999 con altri 107 martiri polacchi.
Martirologio Romano: Nel campo di prigionia di Dachau vicino a Monaco di Baviera in Germania, Beato Massimiano Binkiewicz, sacerdote e martire, che, durante la guerra, fu deportato dai soldati invasori dalla Polonia a causa della sua fede in Cristo e morì sotto le torture e i supplizi.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Massimiliano Binkiewicz, pregate per noi.
*Beato Miroslav Bulesic - Sacerdote e Martire (24 Agosto)
Zabroni, Croazia, 13 maggio 1920 - Lanischie, Croazia, 24 agosto 1947
Miroslav Bulešić nacque il 13 maggio 1920 a Zabroni (Čabrunići), paesino compreso nell’area della parrocchia di Sanvincenti (Svetvinčenat). Frequentò le scuole a Capodistria (Koper), Gorizia (Gorica) e Roma, dove nel 1943 conseguì il baccalaureato in filosofia alla Pontificia Università Gregoriana. Fu ordinato sacerdote l’11 aprile 1943 a Sanvincenti. Oltre ad aver svolto la propria opera pastorale a Mompaderno (Baderna), Montreo (Muntrilj) e Canfanaro (Kanfanar), fu anche professore e vicerettore al seminario di Pisino (Pazin). Il 24 agosto 1947 fu ucciso a Lanischie (Lanišće), poco dopo aver amministrato il sacramento della Cresima.
Sepolto nel cimitero locale, nel 1958 fu inumato e traslato in una tomba antistante la chiesa cimiteriale di Sanvincenti. Dal 2003 riposa presso la sua parrocchia d’origine, la chiesa dell’Annunciazione di Maria (Navještenja Marijina) a Sanvincenti.
Papa Benedetto XVI ha firmato il decreto sul martirio del Servo di Dio Miroslav Bulešić il 20 dicembre 2012. La cerimonia di beatificazione si è svolta nell’arena di Pola sabato 28 settembre 2013.
Il vescovo l’ha mandato a studiare alla Gregoriana e il giovane Miroslav non delude proprio: studia, riesce bene e si prepara al sacerdozio con un’apertura “mondiale” ai problemi della Chiesa e con una cura particolare per la propria formazione spirituale Malgrado la guerra, che sta squassando l’Europa e sta martoriando la terra istriana in cui è nato nel 1920.
Ad aprile 1943 riceve l’ordinazione sacerdotale, perché il vescovo ha urgente bisogno di preti in quel periodo storico molto travagliato che precede l’occupazione tedesca dell’Istria. Gli inizi del ministero non sono molto incoraggianti: catapultato in una comunità di millecinquecento abitanti, fa subito i conti con una realtà drammatica: diffusa ignoranza religiosa, scarsissima partecipazione alla messa festiva, preoccupante ritardo nell’amministrazione dei sacramenti, al punto che la maggior parte dei ventenni ancora non ha ricevuto la prima comunione.
Il giovane prete va in crisi e gli verrebbe voglia di mollare tutto, se non fosse che il vescovo gli chiede per ubbidienza di rimanere e di rimboccarsi le maniche. Si mette allora a girare di casa in casa, conoscere i parrocchiani, intrecciare amicizie, sollecitare ad una partecipazione più attiva alla vita religiosa. Con due sole armi: la preghiera e la carità; e i risultati non si fanno attendere. “Tra il popolo afflitto e sanguinante noi dobbiamo essere come il buon Samaritano: consolare, curare, sollevare, fasciare ogni ferita...”, scrive ad un anno dall’ordinazione e proprio non gli mancano occasioni per mettere in pratica il suo buon proposito.
In particolare, con il sanguinoso arrivo di Tito al potere, il suo attivismo ed il suo farsi “tutto a tutti” comincia a dare fastidio.
Immediata è l’accusa di collaborazionismo con i tedeschi, perché aiuta indistintamente partigiani, tedeschi e croati.
Anche sull’assistenza religiosa non fa, ovviamente, distinzioni di etnia o di simpatia politica. Le sue idee al riguardo sono molto chiare e le rende addirittura pubbliche, scrivendo: “Io sono un sacerdote cattolico ed amministro i santi sacramenti a tutti coloro che me li richiederanno: ai Croati, ai Tedeschi, agli Italiani”.
C’è più di un motivo, dunque, per fargli arrivare prima larvate e poi sempre più esplicite minacce, che riceve serenamente, cosciente di quello cui può andare incontro.
I parenti, preoccupati per lui, si fanno premura di consigliargli di “cambiare aria”, magari anche solo varcando il confine italiano, facendogli notare che anche il vescovo di Pola è fuggito, mentre quello di Trieste e Capodistria e pesantemente minacciato e quello di Zagabria è addirittura in prigione.
Irremovibile e deciso, non sogna neppur lontanamente di fuggire, perché, dice, “In Italia ci sono sacerdoti a sufficienza. Bisogna rimanere qui”. E a chi gli fa notare che può correre anche il rischio di essere ucciso, sentenzia con un tono che non ammette repliche: “Se così fosse, mi ucciderebbero per Dio e per la fede”. Contro di lui le provano tutte: prima azionandogli contro la “macchina del fango”, con la quale non ottengono risultati apprezzabili, dato che la sua condotta è limpida e tutti gli riconoscono un comportamento al di sopra di ogni sospetto. Poi tendendogli tranelli e organizzando attentati, da quali miracolosamente riesce ad uscire incolume. “La mia vendetta è il perdono. Dio, perdona tutti e conducili tutti sulla retta via”, scrive nel testamento spirituale, che redige già nel 1945.
Lo attendono al varco il 23 agosto 1947, mentre sta amministrando la cresima in alcune parrocchie della diocesi: a mani nude difende il tabernacolo dalla profanazione che alcuni partigiani armati vorrebbero compiere, semplicemente dicendo loro che devono prima passare sul suo cadavere. Forse stupiti dall’inattesa reazione gli sgherri desistono, ma si rifanno vivi il giorno dopo, nel paese vicino; non più in chiesa, protetta da un cordone di protezione che i parrocchiani hanno spontaneamente organizzato, ma nell’attigua canonica. È un attentato in piena regola: prima bastonato e poi accoltellato, con diversi fendenti mortali alla gola, lo sentono ancora raccomandare l’anima al buon Dio prima di spirare.
Devono aspettare quarant’anni per poter incidere il suo nome sulla tomba, perché evidentemente fa paura anche da morto ed è molto meglio che la gente non sappia dov’è sepolto. Nel 1992 si mette in moto la macchina della beatificazione che il 28 settembre scorso ha portato alla gloria degli altari don Miroslav Bulešić, il sacerdote croato martirizzato a quattro anni dall’ordinazione, semplicemente in odio al ministero che con tanta generosità aveva esercitato.
(Autore: Gianpiero Pettiti - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Miroslav Bulešić nacque il 13 maggio 1920 in Istria nel villaggio di Čabrunići, sotto la parrocchia di Sanvincenti, da Michele (Miho) e Lucija Butković. Aveva altri quattro fratelli: Maria, Lucija, Zora e uno soprannominato Beppo. Fu battezzato il 23 maggio nella chiesa parrocchiale di Jursici.
Da fanciullo, Miroslav, detto Miro, imparò le prime preghiere e le prime nozioni della fede cristiana dal libro di preghiera «Padre, sia fatta la tua volontà», che il vescovo Juraj Dobrila compose per i fedeli croati delľIstria nel secolo XIX. Frequentò la scuola elementare di Jursici, dove ebbe come insegnante di religione don Ivan Pavic, molto stimato per il suo zelo.
All’età di dieci anni, il piccolo Miro proseguì gli studi in Seminario: dopo un anno di preparazione a Gorizia, entrò nel Seminario interdiocesano di Capodistria nell’anno scolastico 1931/’32. Vi rimase fino al 1939, anno in cui, dopo cinque anni di ginnasio e tre anni di liceo, sostenne l’esame di maturità. Nell’autunno di quell’anno, venne inviato dal vescovo di Parenzo-Pola a Roma, per compiervi gli studi teologici.
Inizialmente era stato destinato al Pontificio Seminario Lombardo, ma, essendo quello al completo, venne accolto al Seminario Francese per l’anno scolastico 1939/’40 e frequentò il terzo anno di Filosofia all’Università Gregoriana. I suoi professori riconobbero in lui un buon carattere, sebbene ancora da formare: era di soda pietà, portato per la filosofia, di valide capacità relazionali. L’anno seguente fu ospite del Lombardo, continuando gli studi alla Gregoriana anche grazie al diretto interessamento dell’Arcivescovo di Zagabria, successivamente Cardinale, Alojzije Viktor Stepinac (Beato dal 1998).
All’inizio della primavera del 1943, invitato dal proprio vescovo, Miroslav fece ritorno in Istria per ricevere l’ordinazione sacerdotale, che avvenne l’11 aprile 1943 nella chiesa parrocchiale di Sanvincenti. Riguardo a quest’avvenimento egli annotò nel suo diario: «Mia mamma, mio padre e i miei fratelli piangevano, ed avevano ragione di piangere: il loro figlio moriva, cessava di appartenere a loro e cominciava ad essere proprietà di Dio». Il 26 aprile, Lunedì di Pasqua, celebrò la sua Prima Messa presso la chiesa parrocchiale, dedicata all’Annunciazione.
Come primo incarico pastorale, nell’autunno 1943, ricevette provvisoriamente quello di amministratore della parrocchia di Mompaderno (Baderna). In una lettera, datata 20 novembre 1943, descrisse la situazione che aveva trovato: alla Messa domenicale, partecipavano da dieci a venti persone, a fronte di una parrocchia di millecinquecento anime, in generale poco istruite nella fede, tanto che, come scrisse nel suo testamento spirituale, al suo arrivo aveva trovato dei ventenni che non avevano ancora fatto la Prima Comunione.
Di fronte a quel desolante quadro, il giovane prete decise di andarsene, ma, quando il Vescovo insistette affinché si mettesse all’opera, obbedì: prese ad andare di casa in casa per visitare le persone, esortarle e incitarle a venire in parrocchia.
Nemmeno le condizioni politiche erano incoraggianti: era appena arrivato al potere Tito e la Chiesa in Istria stava affrontando una persecuzione senza precedenti. Con l’aiuto del vescovo, provvedette a salvare parecchi fedeli che rischiavano la vita.
I partigiani del regime, dunque, l’accusarono di collaborazionismo con i tedeschi e di aver dissuaso i giovani ad entrare nelle loro fila, ma lui rispose: «Io sono un sacerdote cattolico ed amministrerò i santi sacramenti a tutti coloro che me li richiederanno: ai croati, ai tedeschi, agli italiani». A causa della sua coerenza e fermezza, subì numerose minacce: «Desidero morire soltanto per la gloria di Dio e per la salvezza dell’anima mia e delle anime dei miei fedeli», lasciò scritto nel suo diario.
Mentre le accuse e le calunnie diventavano sempre più frequenti, nell’omelia del giorno di Natale 1944 dichiarò ai propri parrocchiani: «Non ho paura di nulla perché so di fare in tutto il mio dovere, e sono tranquillo di fronte a Dio e di fronte agli uomini. Sappiate che io conserverò sempre la mia fede e la mia onestà, che non tradirò per nessuna cosa al mondo; senza paura dirò a ciascuno quello che e giusto. Mi atterrò sempre a questi principi che sono i principi di Cristo. La sua strada sarà anche la mia strada».
Alla fine della guerra don Miroslav si trovava ancora a Mompaderno, ma già nell’autunno del 1945 venne nominato parroco di San Silvestro a Canfanaro (Kanfanar). Prese a organizzare il catechismo e conferenze spirituali, adoperandole come alternativa coraggiosa all’ateismo di regime. Inoltre, non era sordo agli appelli dei bisognosi e dei poveri di ogni sorta, che aiutava personalmente.
Al culto della personalità del capo di governo contrapponeva la devozione al Sacro Cuore di Gesù e al Cuore immacolato di Maria.
In breve, si guadagnò la stima di quasi tutti i parrocchiani, ma anche l’odio di alcuni, pronti a tutto per ostacolare l’attività pastorale del giovane parroco.
Avendo saputo che le minacce di morte erano continuate anche a Canfanaro, uno dei suoi parenti, preoccupato, cercò di convincerlo a rifugiarsi in Italia, ma don Miroslav rispose: «In Italia ci sono sacerdoti a sufficienza. Bisogna rimanere qui». Replicò il parente: «E se qui ti uccidono?». «Se mi uccidono, mi uccideranno per Dio e per la fede», concluse.
Con quel medesimo spirito stese, il 23 aprile 1945, il suo testamento spirituale, nel quale ebbe un ricordo per tutti: per i genitori e i fratelli, ma anche per il suo popolo, incluse quelle persone che l’avevano avversato. A loro in particolare appaiono rivolte le ultime parole del testamento: «La mia vendetta è il perdono. Dio, perdona tutti e conducili tutti sulla retta via».
Meno di un anno dopo, il vescovo gli diede l’incarico di vicerettore e professore di Filosofia al Seminario di Pisino, aperto l’anno prima: vi andò a risiedere dal 12 dicembre 1947. Nella sua qualità di Segretario dell’Associazione Sacerdotale di San Paolo, difese tenacemente la libertà di espressione religiosa e fece tutto il possibile affinché i giovani a lui affidati non cadessero nelle insidie del regime, in un’epoca in cui i vescovi o fuggivano o venivano imprigionati, mentre i fedeli venivano apertamente derisi.
Con quelle prospettive, don Miroslav non poteva fare altro che predisporsi a dare la vita, anche col sangue se possibile: all’economo del Seminario di Pisino, poi arcivescovo di Fiume, monsignor Josip Pavlišić, prospettò l’alternativa tra martirio “bianco” e martirio “rosso”, cioè tra incruento e cruento. Nel frattempo, non desistette dal rimettere al centro Gesù, anche con gesti provocatori: all’inizio del marzo 1947 fece solennemente ricollocare nell’atrio del Seminario un grande Crocifisso che era stato sacrilegamente rimosso.
Dal 19 agosto 1947 gli venne affidato il compito di amministrare il sacramento della Confermazione a Pisino, Pinguente (Buzet) e zone limitrofe, accompagnando il delegato della Santa Sede, monsignor Jakob Ukmar, triestino di origine ma sloveno di madrelingua. Inizialmente non ci furono problemi, ma presto le strade vennero bloccate, per impedire ai cresimandi di raggiungere le parrocchie.
Sabato 23 agosto 1947, un drappello di militanti comunisti irruppe nella chiesa parrocchiale di Pinguente per impedire il rito: don Miroslav, allora, si parò davanti al Tabernacolo. Pallido in volto, ma con voce decisa, dichiarò loro che, per oltraggiare il Santissimo Sacramento, dovevano solo passare sul suo cadavere.
Verso sera, i due sacerdoti arrivarono a Lanischie (Lanišće), paese dell’Istria settentrionale, all’epoca nel territorio delle Unite diocesi di Trieste e Capodistria, dove l’indomani li attendeva un’altra celebrazione presso la chiesa dei Santi Canzio, Canziano e Canzianella. Venuta domenica 24, i parenti e i padrini dei cresimandi si posero a guardia dell’edificio sacro, per evitare che succedesse un episodio analogo a quello del giorno prima e, eventualmente, resistere agli aggressori.
Terminata la Messa, don Miroslav si diresse con monsignor Ukmar e il parroco, don Stefan Cek, verso la casa parrocchiale, dopo aver cresimato sette ragazzi e ragazze arrivati per ultimi a causa dei blocchi stradali.
Circa verso le undici, alcuni uomini entrarono in casa: presero a bastonate il giovane sacerdote e lo scagliarono a terra, contro la porta, poi lo finirono con colpi di coltello alla gola. Mentre veniva così maltrattato, venne udito esclamare due volte: «Gesù, accogli la mia anima». Il delegato della Santa Sede, invece, tentò di rifugiarsi in un’altra stanza, ma venne picchiato e lasciato nel proprio sangue perché creduto morto (ma sopravvisse e raccontò dettagliatamente lo svolgersi dei fatti), mentre il parroco sfuggì all’aggressione perché sua madre lo nascose in un sottoscala. Il Dipartimento di Sicurezza Nazionale (OZNA), ossia la polizia politica di Tito, tentò di far rilasciare ad alcuni medici una dichiarazione secondo la quale il sacerdote ucciso era invece morto per arresto cardiaco, ma essi si rifiutarono di farlo.
Le autorità civili imposero di seppellire i suoi resti a Lanischie, ma nel 1958 acconsentirono a trasferirli a Sanvincenti, a una condizione: la lastra tombale non doveva portare scritto alcun nome. Sulla prima lapide, di conseguenza, venne incisa semplicemente la parola “presbyterum”, “sacerdote”. A quarant’anni dal martirio, gli venne resa giustizia: il 24 agosto 1987, infatti, fu posta una nuova iscrizione con il nome e le circostanze della morte del sacerdote.
La prima tomba di don Miroslav, quindi, fu presso il cimitero di Sanvincenti, davanti all’entrata principale della chiesetta dedicata a san Vincenzo martire, l’antica parrocchiale. Nel 2003 venne traslato all’interno della chiesa dell’Annunciazione, sulla parete laterale destra, verso l’ingresso principale.
Ottenuto il nulla osta dalla Santa Sede il 10 agosto 1992, venne avviato presso la Diocesi di Parenzo e Pola il processo informativo diocesano sul martirio, aperto solennemente il 24 agosto 1997. L’11 settembre 2004, nella Basilica Eufrasiana di Parenzo, si svolsero invece le fasi conclusive, dopo le quali, nel 2010, la Positio super virtutibus venne trasmessa alla Congregazione per le Cause dei Santi a Roma.
Infine, con decreto firmato da papa Benedetto XVI il 20 dicembre 2012, è stato riconosciuto che l’uccisione del Servo di Dio Miroslav Bulešić è realmente avvenuta in odio alla fede. La cerimonia di beatificazione si è svolta nell’arena di Pola sabato 28 settembre 2013, presieduta dal rappresentante del Papa, il cardinal Angelo Amato.
(Autore: Emilia Flocchini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Miroslav Bulesic, pregate per noi.
*San Taziano (Tazione) di Claudiopoli - Martire (24 Agosto)
Martirologio Romano: A Eskihisar in Onoriade, nell’odierna Turchia, San Tazione, martire.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Taziano di Claudiopoli, pregate per noi.
*Beata Veronica Antal - Terziaria Francescana Martire (24 Agosto)
Nisiporeşti, Romania, 7 dicembre 1935 – Hălăuceşti, Romania, 24 agosto 1958
Veronica Antal nacque nel villaggio di Nisiporeşti il 7 dicembre 1935, figlia di contadini. Fu educata alla fede da sua nonna, Zarafina. Avrebbe voluto farsi religiosa tra le Suore Francescane Missionarie di Assisi, ma il regime comunista, sopraggiunto nel 1948, soppresse tutti gli Istituti religiosi.
A quindici anni divenne Terziaria francescana, e si aggregò anche alla Milizia dell’Immacolata. In forma privata, nello stesso periodo, fece voto di castità.
La sera del 24 agosto 1958 era di ritorno dalla parrocchia di Hălăuceşti, che lei frequentava e dove aveva partecipato alla celebrazione delle Cresime. Un giovane, Pavel Mocanu, l’aggredì con proposte sconvenienti: da tempo covava l’intento di fare del male a qualche "suora", come venivano spregiativamente definite Veronica e le sue amiche.
La ragazza si difese, finché non fu colpita a coltellate in un campo di granturco. La mattina del giorno seguente, il suo cadavere venne ritrovato in quello stesso punto: aveva nella mano sinistra la corona del Rosario.
Dopo il crollo del regime, i Frati Minori Conventuali di Romania s’incaricarono di raccogliere le testimonianze su di lei, in vista dell’apertura della causa di beatificazione. L’inchiesta diocesana fu quindi aperta nella diocesi di Iaşi il 25 novembre 2003 e conclusa il 12 novembre 2006. Il 26 gennaio 2017, papa Francesco ha autorizzato la promulgazione del decreto che ufficializzava il martirio di Veronica, la cui beatificazione è stata fissata al 23 settembre 2018, presso la chiesa della Dormizione della Vergine Maria a Nisiporeşti.
Farà piacere alle tante donne della Romania che vivono tra noi come badanti o braccianti, sapere che per una della loro terra è vicino il 23 settembre 2018, giorno della beatificazione della martire Veronica Antal.
La sua causa di beatificazione è stata avviata nel 2003 a furor di popolo, perché nella diocesi di Iaşi nessuno ha avuto il benché minimo dubbio che fosse autentico martirio la sua morte violenta, avvenuta non già, o non soltanto, in difesa della propria dignità di donna, piuttosto in nome dei suoi valori religiosi di cui lei mai aveva fatto mistero.
Anzi, fosse dipeso dai fedeli, avrebbero saltato tranquillamente il "gradino" intermedio della beatificazione, dato che, da più di cinquant’anni, la chiamano "Santa Veronica", in barba a qualsiasi procedura canonica. Sul luogo del martirio, come sulla sua tomba, si radunano assemblee imponenti, composte da giovani ed anziani, cattolici e ortodossi, che le affidano le loro necessità.
Pur così generazionalmente trasversale ed interconfessionale, la devozione per questa semplice ed umile contadina si è tradotta nelle procedure canoniche in modo così tardivo, a causa della situazione politica che non l’ha permessa prima.
Veronica nasce il 7 dicembre 1935 nel nord della Romania, a Nisiporeşti, e della sua educazione religiosa è debitrice a nonna Zarafina: essendo i genitori perlopiù impegnati nei campi, tocca all’anziana donna prendersi cura della fede dei nipoti e a giudicare dai frutti non c’è che da rallegrarsi con lei.
Insieme, le trasmette anche il senso di laboriosità e già a quattro anni la impegna in piccole occupazioni: così a Veronica è meno faticoso, a sette anni, seguire i genitori nei lavori dei campi, pur frequentando regolarmente la scuola elementare.
Uno sviluppo precoce ed un’accentuata sensibilità sono le uniche caratteristiche particolari della bambina, che in nulla si differenzia dalle altre compagne: anche per lei mamma inizia a preparare la dote, cui Veronica contribuisce con i suoi lavori di cucito. Tutto fa prevedere, dunque, che il matrimonio rientri nei suoi progetti (o almeno così spera la mamma), anche se piccoli segnali di particolare predisposizione alle cose spirituali non tardano a manifestarsi.
È però sui 16-17 anni che la vocazione religiosa esplode in lei con forza, facendole desiderare di entrare tra le suore del convento nel vicino villaggio di Hălăuceşti.
Dire che mamma non ne è entusiasta è un eufemismo: le fa tutta l’opposizione consigliatale dal suo cuore materno, con l’unico risultato di irrobustire in Veronica il desiderio della vita religiosa. Che tuttavia deve fare i conti anche con il clima socio-politico che la Romania sta vivendo nell’orbita sovietica, con l’ateismo di stato che impone la chiusura delle congregazioni religiose.
Veronica capisce che tutto questo, perlomeno, finirà con il ritardare la realizzazione del suo desiderio e allora si "adatta", accontentandosi di coltivare la propria vocazione con uno stile di vita claustrale tra le mura di casa. All’interno della quale si prepara una cameretta per il suo raccoglimento e la preghiera, ma intanto diventa l’anima della vita pastorale della sua parrocchia: insegnando catechismo, animando il coro, visitando i malati, proprio come farebbe una suora. Così, infatti, qualcuno la chiama, per come vive e come veste, e la cosa non le dispiace affatto.
Prima aderisce alla Milizia dell’Immacolata (quella di padre Kolbe), poi si iscrive al Terz’Ordine Francescano, infine emette privatamente il voto di castità.
La sua spiritualità diventa robusta, nutrita di Eucaristia, illuminata dal Rosario, sorretta dalla Messa quotidiana nella chiesa di Hălăuceşti, distante otto chilometri da casa sua e che raggiunge ogni mattina, prima dell’alba, con un gruppo di amiche.
È purtroppo sola, invece, la sera del 24 agosto 1958, di ritorno da quella chiesa in cui nel pomeriggio è stata amministrata la Cresima e per la quale lei ha lavorato sodo. Vicino ad un campo di granoturco è aggredita da Pavel Mocanu, un giovane del paese, che tenta inutilmente di violentarla (come attesterà l’autopsia) e che alla fine la finisce con quarantadue coltellate.
Proprio in quei giorni Veronica sta leggendo la biografia di Maria Goretti (canonizzata soltanto alcuni anni prima) e a due amiche ha confidato che anche lei all’occorrenza si sarebbe comportata così. «Io sono di Gesù e Gesù è mio», aveva scritto su un foglietto: per restarGli fedele ha preferito la morte.
(Autore: Gianpiero Pettiti – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
I primi anni
A causa dei lavori dei campi che impegnavano tutto il giorno i genitori, era affidata alle cure della nonna Zarafina. Fu lei che, sin dai primi anni, educò la piccola nipote ad avere una grande fede in Cristo e nella Chiesa.
Veronica frequentò le scuole elementari del suo paese, Nisiporeşti.
Una vocazione impedita dal regime
Verso i 16-17 anni intensificò anche il suo impegno religioso: entrò nel coro parrocchiale e nella Milizia dell’Immacolata. Nello stesso periodo, avvertì più forte la vocazione religiosa, ma non poté realizzare il suo desiderio: in Romania, infatti, il regime comunista, aveva soppresso tutti i conventi, compreso quello delle Suore Francescane Missionarie di Assisi, nel vicino comune di Hălăuceşti.
Non le restò allora che condurre una vita simile a quella di una consacrata, nell’ambito della sua casa. Aderì quindi al Terz’Ordine di San Francesco (oggi Ordine Francescano Secolare) e professò privatamente il voto di castità.
La vita ordinaria di Veronica
Partecipava ogni giorno alla celebrazione della Messa ed era assidua all’Adorazione Eucaristica. Dato che la chiesa parrocchiale era ad Hălăuceşti, Veronica percorreva a piedi, ogni giorno, gli otto chilometri di distanza dalla sua casa. Visitava spesso i malati e aveva un’attenzione particolare per i bambini, che preparava alla Prima Comunione.
Conduceva quindi una vita normale, senza grilli per la testa, desiderosa solo di consacrarsi in futuro totalmente a Dio. Nel frattempo accettava volentieri i sacrifici che le venivano imposti dalle condizioni familiari e da quelle ideologiche della Romania comunista.
L’aggressione e la morte
La sera del 23 agosto 1958, Veronica si diresse ad Hălăuceşti, dove l’indomani sarebbero state celebrate le Cresime. Una delle amiche che l’avevano accompagnata ricordò in seguito di averla vita pallida e abbattuta, durante la funzione. Il 24 agosto, dopo la Messa, aiutò a sistemare in sacrestia. Verso sera, le amiche fecero per andare a casa, ma lei disse loro di precederla: le avrebbe seguite più tardi.
Mentre, in tutta fretta, rientrava a casa, fu assalita da un giovane di nome Pavel Mocanu. Da tempo covava l’intenzione di fare del male a una delle "suore", come definiva in maniera spregiativa Veronica e le sue amiche, per la loro vita di fede.
Pavel le rivolse proposte indecenti, ma Veronica si oppose. Il giovane la trascinò allora in un campo di granoturco, mentre lei resisteva continuamente. Arrivato al colmo dell’ira, la colpì con ben 42 pugnalate.
La mattina seguente fu ritrovato il suo cadavere in mezzo al campo di granoturco. La ragazza stringeva ancora fra le mani il rosario, che regolarmente recitava durante il suo lungo cammino. L’autopsia riscontrò che effettivamente l’omicida non era riuscito nel suo intento: Veronica era rimasta vergine. Aveva ventitré anni.
Fama di martirio e fasi preliminari della causa
Fu considerata subito dagli abitanti di Nisiporeşti e Hălăuceşti come una martire della purezza. Da più di 45 anni, ogni 24 agosto, viene ricordato l’anniversario della sua morte. Dalle parrocchie vicine si organizzano pellegrinaggi e celebrazioni di Messe sul luogo dell’omicidio. Inoltre, all’intercessione di Veronica venivano attribuite grazie speciali e prodigiose guarigioni.
Solo negli anni ‘90 del secolo scorso, sempre a causa della situazione politica, fu possibile iniziare i passi necessari per promuovere la causa di beatificazione, seguita dall’Ordine dei Frati Minori della Romania. Vice-postulatore fu nominato padre Damian Pătraşcu, il quale ricevette tutte le testimonianze raccolte di nascosto da padre Anton Demeter (per il quale, a sua volta, è aperta la causa di beatificazione) e le integrò con materiali nuovi. A quel punto, presentò al vescovo il libello di apertura della causa.
La causa di beatificazione e il riconoscimento del martirio
Giaculatoria - Beata Veronica Antal, pregate per noi.